giovedì 3 dicembre 2009
Il Dipartimento amministrazione penitenziaria ha concluso l’indagine amministrativa interna sulla morte in cella di Stefano Cucchi. E il capo del Dap Franco Ionta parla di «assenza di responsabilità da parte della polizia penitenziaria». L’avvocato della famiglia del giovane pestato: grottesco. Si moltiplicano, intanto, le proteste dei detenuti nelle carceri di tutta Italia.
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Il Dap va all’attacco dopo che la sua inchiesta interna ha scagionato i tre uomini della Polizia penitenziaria. In Procura però si frena seccamente e le indagini proseguono. Intanto continuano le proteste nelle carceri italiane, almeno una quindicina nell’ultima settimana, e tutto lascia prevedere un Natale all’insegna dei forti dissensi da parte di chi è nei penitenziari. Comincia però timidamente il nuovo corso sui "rapporti" tra sanità e carcere, visto che un ordine di servizio di una settimana fa ha stabilito come, d’ora in poi, i medici «potranno» dare notizie sullo stato di salute dei detenuti ai loro familiari. «Gli accertamenti hanno rilevato fin qui l’assenza di responsabilità da parte della Polizia penitenziaria», dice il capo Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, sulla base dell’inchiesta amministrativa che lui stesso aveva disposto sulla morte di Stefano Cucchi: «Gli esiti – va avanti – sono stati trasmessi al Procuratore di Roma».Poi avvisa che, sulla gestione delle persone arrestate in flagranza di reato, «sto valutando di ritirare il personale di Polizia penitenziaria dalle celle del Tribunale dove tali persone vengono custodite». Infine ha spazio per un’ultima annotazione: «Provvederò altresì a rivedere – conclude il capo del Dap – il protocollo che declina le modalità di gestione dei detenuti ricoverati presso le sezioni ospedaliere di medicina protetta».Ma dagli uffici giudiziari la replica arriva nel giro di qualche ora. Gli esiti dell’inchiesta amministrativa del Dap che "assolve" gli agenti della Polizia penitenziaria accusati del pestaggio di Cucchi non sono ancora giunti a Piazzale Clodio. E stando ad fonti giudiziarie, comunque gli esiti dell’indagine amministrativa del Dipartimento amministrazione penitenziaria non muterebbero per ora il quadro indiziario a carico dei tre agenti accusati di omicidio preterintenzionale. Come neppure per adesso non cambia nulla l’inchiesta della Asl e la decisione del reintegro dei medici, tra cui il responsabile del reparto detenuti dell’ospedale Pertini, indagati per omicidio colposo.Fra l’altro non avrebbe convinto i pm, Vincenzo Barba e Maria Francesca Loi, la testimonianza resa proprio ieri mattina dal testimone marocchino Tarek, che nei giorni scorsi in una lettera diffusa dallo studio legale Anselmo che assiste i familiari di Stefano Cucchi, aveva in sostanza rivolto ai carabinieri accuse circa il pestaggio subito da Stefano.C’è poi una grossa novità a proposito di ospedali e carcere. I medici della struttura detentiva all’interno dell’ospedale Pertini potranno infatti dare informazioni ai parenti dei detenuti ricoverati, dopo che in questo senso è stato modificato l’accordo tra il ministero della Giustizia e la struttura ospedaliera, con un ordine di servizio firmato il 27 novembre scorso da Carmelo Catone, responsabile del servizio sanitario delle carceri di Rebibbia e Regina Coeli.Una modifica di cui si è venuti a sapere ieri mattina, durante l’audizione al Senato dello stesso Catone in Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario . Tutto ruota intorno alla morte di Cucchi e al fatto che ai suoi genitori non vennero date notizie sullo stato di salute del giovane poi morto. I medici si sono appellati all’accordo adesso modificato, poiché in pratica se i parenti di un detenuto ne volevano notizie, dovevano chiedere agli agenti di custodia che inoltravano la richiesta ai medici. E questi ultimi, sulla base delle condizioni del detenuto ricoverato, decidevano se fornire informazioni ai parenti.Secondo Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, «sembra un grande passo avanti per il futuro. Mi auguro che nessuna famiglia debba passare più quello che abbiamo passato noi». Per quanto «se ci fosse stato prima sarebbe stato molto meglio. E nel caso di Stefano la burocrazia doveva passare in secondo piano rispetto agli aspetti umani».Ma il legale della famiglia ha parole dure verso il Dap: «Prendiamo atto di quanto è stato comunicato, ma è chiaro che questa tragedia ha preso dei toni grotteschi. Mica Stefano Cucchi sarà morto in sei giorni di vecchiaia?», si è chiesto l’avvocato Fabio Anselmo.
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