martedì 3 novembre 2009
«Prima di iniziare devo fare una premessa: Stefano Cucchi non doveva morire». Così ha esordito in Senato il ministro della Giustizia Angelino Alfano nell'ambito dell'informativa del governo sulla morte del giovane al carcere di Rebibbia. Secondo Alfano Cucchi rifiutò la visita in ospedale e non volle avvisare la famiglia delle sue condizioni. In Aule era presente anche la sorella del giovane.
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«Prima di iniziare devo fare una premessa: Stefano Cucchi non doveva morire, si doveva evitare che morisse». Così ha esordito martedì mattina nell'Aula del Senato il ministro della Giustizia Angelino Alfano nell'ambito dell'informativa del governo sulla morte di Stefano Cucchi, morto all'alba del 22 ottobre scorso a sei giorni dall'arresto per spaccio di droga. «Ecco perché - ha aggiunto - il governo è in prima linea per accettare la verità. Tutte le nostre energie sono impegnate per accertare chi, anche con atteggiamento omissivo, abbia portato a questo tragico evento». E ancora: «Uno Stato democratico assicura alla giustizia e può privare della libertà chi delinque ma nessuno può essere privato del diritto alla salute».Per la famiglia di Stefano Cucchi e per tutti i cittadini, ha continuato Alfano, dovranno arrivare «al più presto» gli «esiti chiarificatori medico-legali e investigativi» della vicenda. Occorre accertare «ogni dettaglio della verità» e gli eventuali «responsabili saranno chiamati ad assumersi le proprie responsabilità senza sconto alcuno». Il ministro ricorda che nell'inchiesta in corso ci sono due filoni: «Una è sulle lesioni su cui andrà appurato se siano state accidentali o provocate, l'altra sulla mancata alimentazione.  Stefano Cucchi, ha continuato il ministro, «era sempre lucido. Ha potuto decidere quello che accettava e quello che aveva deciso di rifiutare, durante la permanenza al Pertini». E lui, «ha rifiutato di sottoporsi alla visita in ospedale». Non solo. «Ha manifestato ai sanitari la volontà di non rilasciare notizie sul suo stato di salute ai genitori: in base alle notizie che mi sono state comunicate dall'amministrazione penitenziaria i familiari di Cucchi per due volte si sono recati presso la struttura penitenziaria dell'ospedale Sandro Pertini» per parlare con il giovane. Ma in entrambe le occasioni, «è stata rappresentata loro la necessità di munirsi di permesso di colloquio». Quanto al «diniego» sempre opposto ai familiari di incontrare i sanitari per avere informazioni sullo stato di salute del giovane, Alfano ha spiegato che «si è data applicazione all'accordo esistente con la Asl di Roma secondo cui nessuna informazione può essere data ai familiari senza l'autorizzazione del magistrato. Questo divieto può essere superato dall'autorizzazione firmata dal detenuto. Ma - ha aggiunto Alfano, citando alcune informazioni pervenute dal ministero della Salute - da quanto si evince dalla documentazione Stefano Cucchi ha firmato per non autorizzare alla diffusione le informazioni sulle sue condizioni di salute ai familiari».La famiglia presente in Senato. La sorella di Stefano, Ilaria, era presente in Senato nella tribuna riservata al pubblico. Invitata dal senatore dell'Idv, Stefano Pedica, Ilaria Cucchi ha ascoltato l'informativa del ministro della Giustizia, Angelino Alfano. La sorella di Cucchi ha inoltre posto alcune domande al Guardasigilli che in Aula il senatore Pedica ha rivolto per lei. E alla fine dell'intervento di Alfano, ha espresso perplessità: «Aspetto di vedere la firma di mio fratello su quel diniego alle informazioni sanitarie alla famiglia», si è infatti lasciata sfuggire la ragazza conversando con i cronisti in Senato. Dubbi anche sul numero di richieste di colloquio avanzate dai familiari di Stefano: non due, come ha detto il ministro, «perché noi siamo stati lì tutti i giorni».I familiari di Stefano Cucchi vogliono querelare i medici dell'ospedale Pertini. Lo ha annunciato la sorella Ilaria: «Siccome sono state fatte dichiarazioni non veritiere sullo stato di salute di mio fratello quereleremo i medici. Mio fratello era un ex tossicodipendente, aveva frequentato una comunità e si stava riabilitando».
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