La Procura di Roma interviene sul caso
Cucchi. Quella Procura che Ilaria, sorella di Stefano, fino
all'ultimo, ha messo sotto accusa per indagini da
lei giudicate poco incisive, lacunose, mancanti. Soprattutto su
quel pestaggio che ancora non porta una firma ma che, e questo
lo hanno riconosciuto giudici e periti, è stata la causa
principale della morte del geometra romano arrestato la notte
del 15 ottobre 2009 dai carabinieri perché trovato in possesso
di droga e morto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini.
Il procuratore capo Giuseppe Pignatone dice poche parole ma pesantissime.
E si dichiara disponibile, in presenza di elementi nuovi e di
opportunità, a aprire nuove indagini sulla morte di una persona,
lo sottolinea lo stesso capo dell'ufficio di Roma, "che era
affidata a organi dello stato". Ilaria Cucchi incassa la
disponibilità della Procura con soddisfazione e dopo un incontro pomeridiano con il procuratore capo scrive su Facebook: "Prendiamo atto di questa importante decisione del Procuratore capo e rimaniamo in attesa di giustizia e verità come abbiamo sempre
fatto in questi cinque anni". Giudizio che i familiari cambieranno presto. Dopo i Cucchi, Pignatone incontra i pm
Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, titolari dell’inchiesta. Per dire che i pm «godono della mia fiducia: hanno fatto un lavoro egregio».Per i familiari - da tempo critici sulla conduzione dell’inchiesta - è una doccia fredda: «Il dottor Pignatone ci ha garantito che avrebbe studiato tutto il fascicolo senza pregiudizi: Non sono passate nemmeno due ore e ha già capito che i pm hanno fatto un ottimo lavoro. I casi sono due: o è riuscito in nemmeno due ore a studiare alla perfezione tutto il fascicolo, oppure forse oggi abbiamo perso tutti del tempo».
Le parole di Pignatone"È giusto e corretto - afferma il
sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri - chiedere la
riapertura della indagini. La verità va ricercata sempre e fino
alla fine".
"Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima
ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause
naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi
dello Stato", aveva detto in precedenza Pignatone. Perché Stefano Cucchi fu arrestato
dai carabinieri e rimase nella loro custodia in caserma per una
notte, poi il giorno dopo all'udienza di convalida in Tribunale
comparì davanti ad un giudice, fu preso poi in consegna dagli
agenti della polizia penitenziaria, portato in carcere a Regina
Coeli e poi nella struttura protetta del Sandro Pertini
affidato, qui, a medici e infermieri. Strutture e organi dello
Stato, come sottolinea Pignatone, che dovevano sorvegliare e
curare un detenuto in condizioni di salute particolari.
Pignatone, pur sottolineando che le
"sentenze meritano tutte
rispetto", evidenzia come
i verdetti di primo e secondo grado
siano contrastanti "e in tutto o in parte condivisibili".
Verdetti contrastanti perché in primo grado furono condannati i
sei medici ma furono assolti infermieri e agenti penitenziari.
La Corte d'Appello venerdì ha ribaltato tutto per assenza di
prove. Ed è l'assenza di prove l'accusa che Pignatone respinge.
La Procura non ci sta alla teoria delle indagini lacunose ma non
chiude neanche ad una possibilità di proseguire il lavoro nell'accertamento dei fatti.
"Se emergeranno fatti nuovi o comunque
l'opportunità di nuovi accertamenti, la Procura di Roma è sempre
disponibile a riaprire le indagini", afferma il procuratore.
Dunque
per aprire un nuovo fascicolo ci si dovrebbe trovare
in presenza di "fatti nuovi". Ma Pignatone parla anche di
"opportunità di accertamenti", opportunità che potrebbero
emergere ovvero dalla lettura delle motivazioni della sentenza:
la Procura le potrebbe ritenere insoddisfacenti per giustificare
l'assoluzione. Perché se una morte c'è stata, ed è stata una
morte inaccettabile la Procura potrebbe non ritenere
giustificabile un'assoluzione di ben 12 imputati, esponenti a
vario titolo di organi e strutture dello Stato che presero in
custodia e in cura Stefano Cucchi. Morto non per cause naturali.
L'appello di Grasso. "Vorrei fare un appello. Ci sono dei
rappresentanti delle Istituzioni che sono certamente coinvolti
in questo caso. Quindi, chi sa parli. Che si abbia il coraggio
di assumersi le proprie responsabilità, perché lo Stato non può
sopportare una violenza impunita di questo tipo" lo ha detto a
Bari il presidente del Senato, Piero Grasso, parlando del caso Cucchi. "Intanto - ha aggiunto Grasso - è
doverosa e giusta la solidarietà alla famiglia della vittima di
violenza. Devo dire che la violenza non può far parte della
dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da
rappresentanti delle istituzioni". "Noi speriamo di continuare a
cercare la verità - ha concluso - nonostante ci siano state
delle sentenze che non hanno saputo o potuto trovarla. Pensiamo
che bisogna continuare su questa strada dando la massima
solidarietà ai famigliari delle vittime".