Ansa
"La piena attuazione della Costituzione richiede un impegno corale, con l’attiva, leale collaborazione di tutte le Istituzioni, compresi Parlamento, Governo, Regioni, Giudici. Questa cooperazione è anche la chiave per affrontare l’emergenza". È uno dei passaggi principali della relazione della Presidente Marta Cartabia sull’attività della Corte costituzionale nel 2019. Solitamente letta alla presenza del Capo dello Stato, ma quest'anno diffusa solo online a causa dell'emergenza Covid-19, che trova molto spazio nel documento. La relazione si apre proprio con un "pensiero di sentita partecipazione al dolore per la scomparsa di migliaia di nostri concittadini e di sincera gratitudine" per tutti coloro che in questo "non facile frangente assicurano i servizi essenziali della Repubblica con competenza, coraggio e generosità". Parole molto sentite dalla presidente della Consulta che è stata contagiata ma è guarita. E nella parte conclusiva Cartabia torna sul tema. Ricorda che "la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per “navigare per l’alto mare aperto” nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini”. La nostra Repubblica ha attraversato varie situazioni di crisi, a partire dagli anni della lotta armata, "senza mai sospendere l’ordine costituzionale", ma modulando i principi sui criteri di "necessità , proporzionalità , bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità" . E oggi "l’intera Repubblica e tutte le sue Istituzioni - politiche e giurisdizionali, statali, regionali, locali - stanno indefessamente lavorando nella cornice europea per il comune obiettivo di servire al meglio le esigenze dei singoli cittadini e dell’interacomunità".
Una strada che dev’essere assolutamente perseguita perchè "i momenti di emergenza richiedono un sovrappiù di responsabilità ad ogni autorità e in particolare agli operatori dell’informazione, che svolgono un ruolo decisivo per la vita sociale e democratica". Un indiretto riferimento all'attualità emerge anche nel passaggio relativo a giustizia e carcere. "Perseguire le finalità rieducative del condannato, senza trascurare, al tempo stesso, le esigenze della sicurezza della collettività , ma calibrando ogni decisione sul percorso di ciascun detenuto, alla luce di tutte le circostanze concrete". È il percorso che la presidente della Corte indica alla magistratura di sorveglianza. Parole particolarmente significative dopo le polemiche per le scarcerazioni di boss della mafia. Bilanciamento e collaborazione sono concetti che ritornano più volte nella Relazione, in particolare nei confronti del Parlamento e delle Regioni. La presidente invita così a "recuperare una virtuosa collaborazione, nel rispetto dei rispettivi ambiti di competenza", tra la Consulta e il legislatore statale. Cartabia pone la sua attenzione su due casi emblematici: la legittimazione del singolo parlamentare a far valere i vizi del procedimento legislativo, attivando un giudizio per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, nel caso dell’approvazione della legge di bilancio; e la vicenda sul fine vita, su cui "la Corte costituzionale ha atteso per un anno che il necessario intervento arrivasse per via legislativa, per poi dover risolvere il caso autonomamente".
A questo proposito per la presidente "il terreno su cui si fa urgente, direi improcrastinabile, la cooperazione da parte del legislatore è quello delle cosiddette "sentenze monito", o più propriamente inviti". Infatti, ricorda,, "accade frequentemente che nelle motivazioni delle sentenze della Corte costituzionale di accoglimento, di rigetto o di inammissibilità, si incontrino espressioni che sollecitano il legislatore a intervenire su una determinata disciplina, allorché la Corte individui aspetti problematici che sfuggono alle sue possibilità di intervento e che richiedono invece un’azione delle Camere". Spesso, osserva Cartabia, "i "moniti" danno luogo al fenomeno delle cosiddette "doppie pronunce": in un primo momento, la Corte Costituzionale indica al Parlamento i punti problematici che richiederebbero una modifica legislativa; ma se il problema persiste e continua ad essere portato all’esame della Consulta, questa non può che porre essa stessa rimedio, utilizzando gli strumenti normativi a disposizione".
E un altro richiamo, molto attuale, è alla collaborazione fra Stato centrale e Regioni. "A volte - osserva criticamente Cartabia - tale collaborazione manca, altre volte arriva troppo tardi: molti giudizi di legittimità in via principale, portati all’esame della Corte costituzionale dallo Stato o dalle Regioni, si risolvono con la cessazione della materia del contendere o l’estinzione del giudizio, in seguito a modifiche apportate alla normativa impugnata durante la pendenza del giudizio spesso all’esito di negoziazioni tra Stato e Regioni. Ciò - ricorda - è accaduto ben 35 volte nel 2019". La Consulta "non può che rallegrarsi se, dopo che è sorta una controversia tra Stato e Regioni, si riesce a trovare una composizione politica in nome della collaborazione mancata in precedenza". Tuttavia, denuncia Cartabia, in questo modo il giudizio davanti alla Consulta "finisce per essere utilizzato come uno strumento di pressione in vista di ulteriori valutazioni ed eventuali accordi, con un inutile cospicuo investimento di tempo, energie e risorse" da parte della Corte.