A perdere la vita è stato Vincenzo Sepe, 44 anni, ma altri quattro suoi familiari sono rimasti feriti, alcuni in modo molto grave. Tra questi la figlia Carolina, 25 anni, incinta alla decima settimana di gestazione. Come suo fratello Orlando, 21 anni, è arrivata all’ospedale Cardarelli in stato di coma: colpita da un proiettile alla testa, versa ora in condizioni disperate, ma i medici del reparto Rianimazione del Cardarelli di Napoli fanno di tutto per mantenere le sue funzioni vitali e dare così una speranza di sopravvivenza almeno al suo bambino.
Martedì la giovane è stata sottoposta a un delicatissimo intervento di craniotomia decompressiva con l’asportazione di alcuni frammenti di proiettile, ma è un filo sottilissimo quello che continua a legare all’esistenza lei e, attraverso lei, la piccola vita che ha in grembo. Nessun bollettino medico ha dichiarato ufficialmente la morte cerebrale della donna, anche se si lascia intendere che ormai non restano più speranze, se non appunto per il feto che potrebbe continuare a crescere nel suo utero fino al raggiungimento dei sei mesi circa di gestazione: solo a questo punto potrebbe vedere la luce con una buona probabilità di sopravvivenza.
Non sarebbe la prima volta che un feto continua a vivere nel grembo di una madre morta (ovvero dichiarata ufficialmente in morte cerebrale), ma i precedenti riguardano periodi di pochi giorni o qualche settimana al massimo. Quello di Carolina e del suo bambino, dunque, è un caso particolarmente assurdo e doloroso, che tiene l’Italia con il fiato sospeso.