martedì 15 dicembre 2009
Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, su ordine della procura di Roma, ha perquisito oggi le sedi della Barilla a Parma, della De Cecco a Pescara e Roma, della Divella a Rutigliano (Bari), della Garofalo a Gragnano e della Amato a Salerno nell'ambito di un'inchiesta su manovre speculative che hanno determinato un rialzo del prezzo della pasta a partire dal settembre 2007.
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Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, su ordine della procura di Roma, ha perquisito oggi le sedi della Barilla a Parma, della De Cecco a Pescara e Roma, della Divella a Rutigliano (Bari), della Garofalo a Gragnano e della Amato a Salerno nell'ambito di un'inchiesta su manovre speculative che hanno determinato un rialzo del prezzo della pasta a partire dal settembre 2007. Anche la sede dell'Unire (Unione industriali pastai italiani) è stata sottoposta a perquisizione.Le perquisizioni della Guardia di Finanza nelle sedi dei produttori di pasta italiana "confermano le anomalie rilevate nelle audizioni presso la Commissione Prezzi del Senato ai danni dei consumatori e dei coltivatori di grano duro". Lo ha dichiarato l'avvocato Agostino D'Antuoni, consulente del presidente della Commissione Straordinaria per il controllo dei prezzi e delle tariffe del Senato, Sergio Divina, dopo l'operazione della Guardia di Finanza presso le aziende italiane produttrici di pasta. "Auspichiamo - ha aggiunto D'Antuoni - che queste speculazioni, se confermate, possano essere sanzionate come previsto dall' art. 501 bis del codice penale che punisce le manovre speculative sulle merci. Si è rilevato, nella trasformazione del grano duro, pagato 18 centesimi al kg agli agricoltori, un ricarico di circa il 400% da parte delle aziende produttrici di pasta. Il prezzo di quest'ultima - ha ricordato infine il consulente del senatore Divina - è cresciuto di circa il 50% in quest'ultimo anno a fronte di una diminuzione per i coltivatori di circa il 30%".La Coldiretti: «Comportamento che ha conseguenze pesantissime». Il grano duro viene pagato 18 centesimi al chilo agli agricoltori mentre la pasta raggiunge in media a 1,4 euro al chilo, con un ricarico di circa il 400 per cento, se si considerano le rese di trasformazione. È quanto afferma la Coldiretti, sulla base del servizio sms consumatori, in riferimento alle indagini in corso da parte dei militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza presso le sedi di alcune importanti industrie pastarie.Un comportamento che, sostiene la Coldiretti, ha pesanti conseguenze se si considera che la pasta è il piatto preferito dagli italiani che l 'anno scorso ne hanno consumati oltre 1,5 milioni di tonnellate, per un controvalore di 2,8 miliardi di euro. Il prezzo della pasta è rimasto pressoché stabile rispetto allo scorso anno nonostante le quotazioni del grano siano scese su valori inferiori di ben il 30 per cento mettendo a rischio il futuro delle coltivazioni Made in Italy.L'Unione Pastai si difende: «Nessuna speculazione». Non ci sono mai state speculazioni o accordi a danno dei consumatori. È quanto ribadisce l'Unione Industriale Pastai Italiani in una nota diffusa dopo le perquisizioni a numerosi stabilimenti di produzione di pasta eseguite oggi su incarico della Procura di Roma. "Come sempre fatto nell'ambito dell'inchiesta sul caro pasta si continua a dare - con la massima serenità - collaborazione e disponibilità", afferma il presidente dell'Unipi Massimo Menna, "detto ciò non possiamo che ribadire che non vi sono mai state speculazioni nè si è mai configurato alcun accordo lesivo degli interessi dei consumatori".
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