domenica 14 gennaio 2024
In 9 consigli regionali una iniziativa senza precedenti di associazioni del laicato cattolico che con decine di medici, giuristi, scienziati e politici chiedono soluzioni di vita per la sofferenza
«Care Day», l'ora del diritto alle cure
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Nove eventi nello stesso giorno in altrettanti consigli regionali, 74 relatori, decine di associazioni del laicato cattolico. Al centro la libertà e la dignità della cura, protagoniste del «Care Day» di giovedì 18 come risposta alla formidabile spinta sulle Regioni perché aprano per legge al suicidio assistito (martedì ne discute il Veneto). Realtà come Movimento per la Vita, Giuristi e Medici cattolici, Centro studi Livatino, Alleanza Cattolica e Ditelo sui tetti – tra le altre – hanno allestito eventi nei consigli delle Regioni Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana, Sicilia e Veneto. Una manifestazione senza precedenti.

«Non è corretto enfatizzare solo l’aspetto per cui una norma “lascia fare” – spiega Domenico Menorello, portavoce della rete associativa “Ditelo sui tetti”, tra i registi dell’iniziativa –: il riconoscimento di un “diritto” è una conseguenza di qualcosa che prima è stato affermato come “bene”. Perciò una legge che obblighi il Servizio sanitario a una prestazione di morte per chi è malato in realtà dice a tutti i malati che, perduta la piena autodeterminazione, è un “bene” il loro non-vivere. Noi vogliamo invece mostrare come la “cura del dolore” e l’assistenza h24 divengono gesti che riconoscono senso e speranza alla vita sempre, specie nella fragilità. Oggi urgono cure palliative per tutti, ancora un miraggio in Italia. Solo così tuteleremo la vera libertà di ciascuno, come chiede la Corte costituzionale».

Le forze politiche spesso si muovono presumendo di intercettare un ipotetico favore della gente verso la “morte a richiesta”. Matteo Forte, consigliere centrista in Lombardia, pensa invece che «la nostra Costituzione parla della salute come diritto fondamentale del singolo ma anche “interesse della collettività“. Una politica che non abbandoni le situazioni sanitarie di malati gravi, integrando sostegni in apposite strutture e a domicilio, e garantisca la conciliazione delle esigenze del nucleo familiare, dà corpo a quell’interesse della collettività, in ogni condizione di vita. Senza che le situazioni più difficili vengano avvertite come un peso o, peggio, qualcosa da scartare attraverso la sinistra affermazione di un presunto diritto a morire».

Il mondo dei medici sinora è rimasto quasi silente, ma c’è chi tra loro ritiene sia giunto il momento per esporsi: «Questo “Care Day” – dice Matilde Leonardi, neurologa del “Besta” di Milano – nasce dalla convinzione che oggi domini la domanda sbagliata, ovvero che in caso di malattia inguaribile, disabilità grave, forte sofferenza o dolore ci si debba chiedere se “in nome della mia libertà posso porre fine alle sofferenze tramite il suicidio assistito”. L’unica vera domanda è cosa deve fare la società civile davanti a fragilità, malattia, dolore, sofferenza, invecchiamento, davanti a un malato grave che è così anche perché oggi la scienza mi permette nuovi orizzonti di sopravvivenza. La prima risposta non può essere “elimino il malato” dicendogli che può suicidarsi liberamente, ma la garanzia che ogni persona conta in questo Paese e nessuno sarà lasciato solo, nessun caregiver abbandonato, nessun dolore non trattato con farmaci appropriati».

Tra i bioeticisti il dibattito è acceso da tempo: «Con Care Day – dice Giuliana Ruggieri presidente dell’Osservatorio di Bioetica di Siena e membro del Comitato nazionale per la Bioetica – vogliamo favorire un reale confronto tra società civile e politica, perché le decisioni siano sostenute dalla conoscenza della realtà e dei veri bisogni». Ora si tratta di decidere «la direzione verso cui orientare per legge il Servizio sanitario». In particolare «le cure palliative non vanno solo legate alla prossimità della morte ma devono coinvolgere tutte le malattie cronico-evolutive, fragilità complesse del paziente anziano, demenze. Vogliamo proporre la ragionevolezza della priorità della cura».

La Pastorale della salute è nel cuore di questo impegno umanistico: «L’esperienza del dolore e della sofferenza – riflette Gian Antonio Dei Tos, responsabile diocesano a Vittorio Veneto – interroga la nostra umanità e il senso della nostra esistenza; soprattutto ci pone la questione della pari dignità fra le persone non discriminabili sulla base dello stato di salute e dell’integrità psicofisica. Il senso della professione medica, di fronte alle malattie inguaribili, va proprio nella direzione del miglioramento della qualità di vita, del controllo dei sintomi e del dolore, dell’accompagnamento umano e spirituale e non certo nell’interruzione di tutto questo».

I dati sono chiari: è l’ora delle scelte di futuro, come dice Mariapia Garavaglia, già ministro della Sanità: «In un momento di crisi del Ssn guai se vengono considerati secondari i servizi indispensabili a salvaguardare la libertà e la dignità dei malati colpiti da particolari patologie inguaribili ma certamente curabili. I cittadini – tutti, senza distinzione – devono poter esercitare il diritto alla cura, e lo Stato ha il dovere costituzionale di rispondere. Mancano strutture e personale qualificato ma il compito della classe dirigente consiste nella programmazione dei servizi. Occorre “gridare dai tetti” perché lo Stato non può decidere la qualità della vita, pena il tagliare alle radici le ragioni stesse della democrazia. L’“ I care” di don Milani ha ispirato anche qualche politico. L’opposto è la politica che insegue il contingente, il consenso immediato. Gridiamo dai tetti per farci sentire da una politica accidiosa, che non si sente colpevolmente responsabile di fronte alla sofferenza dei cittadini».

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