Hotspot galleggianti per identificare i
migranti nel Mar Mediterraneo e rimpatriarli? «Un grosso punto interrogativo su fattibilità e conseguenze: una volta identificati come li rimandano indietro? C'è un parcheggio delle barche o un servizio taxi verso l'Africa?». Risponde con una battuta all’agenzia Sir il
cardinale Francesco Montenegro,
arcivescovo di Agrigento (nella cui diocesi è
Lampedusa),
presidente di
Caritas italiana e della
Commissione Cei per il servizio della carità e la salute.
Il riferimento è alla proposta del ministro
Angelino Alfano di identificare i migranti soccorsi nel
Mediterraneo direttamente sulle navi o su piattaforme marine «per non farli fuggire». «Questa idea non entusiasma – precisa Montenegro – anche perché siamo già scettici nei confronti degli hotspot europei, che non sono la soluzione migliore per affrontare il problema dei migranti».
Il presidente di
Caritas italiana vuole aspettare di sentire i particolari del progetto «per dare un giudizio, al momento è un grosso punto interrogativo su fattibilità e conseguenze». «Di parole – aggiunge il cardinale – se ne stanno dicendo tante, belle e meno belle. La realtà è che
i morti continuano ad aumentare. Sarebbe ora di chiedersi: è necessario ancora parlare o fare qualcosa di concreto?».
Sul nuovo incendio appiccato nei giorni scorsi nel centro di Contrada Imbriacola a Lampedusa (l'ennesimo), il cardinale Montenegro dice poi che «chi ha affrontato viaggi così duri superandosi, quando sente che deve tornare indietro certo non batterà le mani o butterà le braccia al collo. A quel punto le reazioni rischiano di diventare incontrollabili». La Chiesa a
Lampedusa «continua a fare il suo lavoro di accoglienza come ha sempre fatto, il problema è che la politica dovrebbe affrontare il fenomeno come un fatto durevole, non solo mettendo toppe qua e là».