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Perquisizioni dei carabinieri - Ansa
Droga e telefoni sarebbero stati introdotti nel carcere di Messina con la presunta complicità di alcuni agenti penitenziari. I carabinieri della città siciliana hanno eseguito numerose perquisizioni personali e locali all'interno della casa circondariale di Gazzi e in locali esterni nei confronti di 21 detenuti e nove agenti in servizio nella struttura. Il decreto di perquisizione ha riguardato anche altre quattro persone, indagate a piede libero o finite agli arresti domiciliari. L'attività investigativa coordinata dalla Dda di Messina è stata svolta congiuntamente dai carabinieri e dalla polizia penitenziaria.
L'inchiesta, con 34 indagati, spiega la Procura in una nota, "riguarda un gruppo di persone che si ritiene, allo stato, essersi associate fra di loro, al fine di compiere una pluralità di comportamenti volti all'introduzione, nella medesima struttura carceraria, di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti potendo contare sulla disponibilità di alcuni agenti della polizia penitenziaria". Le investigazioni preliminari, infatti, prosegue la Dda di Messina, "hanno consentito di ricostruire una fitta rete di comunicazioni telefoniche tra detenuti e l'ambiente esterno e una consistente attività di consumo e cessione di stupefacente tra i detenuti". Nella nota, come da prassi, la Procura di Messina sottolinea anche che "il procedimento è, allo stato, nella fase delle indagini preliminari, nella quale i soggetti indagati sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile".
Blitz a Secondigliano - Anche a Secondigliano sono spuntati telefonini clandestini. La Polizia Penitenziaria ha sequestrato 18 cellulari tra smartphone e micro-telefonini con cavetti per ricarica e sim card. A renderlo noto è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. "L'operazione dei Baschi Azzurri e coordinata dal I° Dirigente di Polizia Penitenziaria Gian Luca Colella, è stata eseguita con precisione e intuito investigativo, a conferma dell'efficacia del personale in servizio nell'istituto di Secondigliano uno dei più rilevanti in campo nazionale" scrivono i dirigenti Raffaele Munno, Carmine Evangelista e Donato Vaia.
I telefonini erano stati occultati in un nascondiglio in ambienti comuni ed estremamente ben mimetizzati, a dimostrazione dell'abilità con cui alcuni detenuti cercano di eludere i controlli, perfettamente funzionanti per eventuali comunicazioni non autorizzate con l'esterno".
"L'ingresso illecito di cellulari negli istituti è ormai un flusso continuo", denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe. E ricorda che "non è la prima volta che il Sappe chiede nuovi provvedimenti per inibire l'uso di strumentazioni tecnologiche nelle sezioni detentive".
Il caso Rebibbia - Solo 4 giorni fa la Dda di Roma aveva scoperto un sistema illecito, all'interno del Servizio per le Dipendenze (Ser.D.) dell'Asl Roma 2 che opera nel carcere di Rebibbia, per far ottenere ai detenuti, attraverso certificazioni false, misure alternative ai detenuti. A promuoverlo sarebbe stato uno psicologo. Per questo filone dell'indagine i carabinieri assieme alla polizia penitenziaria hanno eseguito quattro misure cautelari. Altre 28 persone sono state colpite da misure cautelari per detenzione e associazione finalizzata al traffico di droga. Quest'altro filone è partito dal monitoraggio all'interno del carcere di Rebibbia di un detenuto, personaggio di spicco del narcotraffico romano che, si ipotizza, intratteneva contatti con lo psicologo del Ser.D. Secondo gli elementi raccolti durante l'indagine, il narcotrafficante, anche se ristretto in carcere, grazie al determinante contributo di due avvocati (solo uno dei due arrestato), incaricati di trasmettere messaggi e direttive all'esterno, aveva continuato a promuovere un'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nel quadrante sud-est della Capitale