"Ho difeso me e la mia fidanzata da una pistola puntata alla tempia". Si è spiegato così, davanti al pm, il carabiniere che ha ucciso nella tarda serata di sabato ha ucciso un rapinatore quindicenne a Napoli. Il militare, 23 anni, in servizio in provincia di Bologna e in borghese, era in auto quando è stato affiancato da un uno scooter con due persone, una delle quali (a volto coperto da un casco) ha puntato la pistola (poi risultata finta) alla testa del carabiniere. Costui ha dichiarato di essersi qualificato, ma che il minorenne ha comunque provato a impossessarsi del suo orologio; a quel punto il militare ha sparato tre volte. Il minore - incensurato - è deceduto poco dopo all'ospedale.
La reazione: una sfida allo Stato
Il tragico episodio ha poi avuto uno strascico violento, in quanto i parenti del ragazzo morto hanno devastato il Pronto soccorso del nosocomio dei Pellegrini, con ingenti danni ad arredi e attrezzature tanto che il presidio è stato momentaneamente chiuso. Poco dopo, nei pressi della caserma Pastrengo sede del comando provinciale dei carabinieri di Napoli, numerosi scooter con uomini armati hanno fatto fuoco in aria a secondo la procedura minacciosa e camorristica della "stesa". Quattro colpi di pistola sono stati sparati anche ad altezza d'uomo mentre nella caserma si trovava il diciassettenne complice del tentativo di rapina.
Ipotesi di eccesso di difesa
La famiglia del giovane ucciso ha chiesto che la procura acquisisca le immagini delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona per la ricostruzione dei fatti. Tramite il legale, il padre ha fatto sapere che il ragazzo sarebbe stato colpito da almeno due proiettili: uno al torace ed uno alla nuca e parla di "omicidio". Anche altri parenti chiedono giustizia: "Non doveva ucciderlo, era già ferito, l'avrebbero arrestato". Il ragazzo aveva lavorato come muratore fino a un mese fa e pare volesse trasferirsi a Londra. Le indagini sono in corso. Il carabiniere risulta indagato come atto dovuto per eccesso colposo di legittima difesa. Nelle prossime ore sarà nominato il perito per l'autopsia che sarà determinante per confermare la versione del militare, che nega di aver colpito mentre il minore stava fuggendo.
Cafiero de Raho: intimidazioni evidenti
Numerose le reazioni politiche e istituzionali di fronte a un fatto che resta particolarmente tragico per la giovanissima età della vittima. D'altra parte viene stigmatizzata la reazione degli amici del morto, indice di mentalità mafiosa e "guerra allo Stato". Come ha dichiarato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho: "La reazione del carabiniere è una questione che risolverà la magistratura. Credo però che il nostro sguardo debba andare oltre, alla devastazione del Pronto Soccorso: intervenire in quel modo, in gruppo, con danneggiamenti e minacce, è certamente una manifestazione criminale. E purtroppo non sono espressioni isolate nel territorio napoletano. Come se le istituzioni siano diventate il nemico da abbattere. Laddove ci si porta armati con forme di intimidazione così evidenti si torna agli elementi di quella fattispecie di associazione mafiosa, che si avvale della forza dell'intimidazione, che produce assoggettamento e omertà".