mercoledì 24 agosto 2022
Nessuna sfida diretta tra i leader nei collegi uninominali, tra i capipartito solo Di Maio rischia il seggio. Per blindare il cerchio ristretto di Arcore il Cav retrocede i "fedeli" del '94
Presentazione delle liste elettorali per la Regione Lombardia alle politiche del 25 settembre al tribunale di Milano, 22 Agosto 2022.

Presentazione delle liste elettorali per la Regione Lombardia alle politiche del 25 settembre al tribunale di Milano, 22 Agosto 2022. - ANSA/MATTEO CORNER

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Acquisita dimestichezza con il Rosatellum, e complice la drastica riduzione dei parlamentari, i capipartito si sono attrezzati per il 25 settembre con uno schema semplice: nei collegi uninominali "nomi-esca" dei territori, soprattutto amministratori locali, perché l’elettore non veda sulla scheda il nome e il cognome di un "estraneo"; ma ai primi posti dei listini proporzionali, quelli che danno la quasi-certezza dell’elezione, lo spazio è stato assegnato in via prioritaria ai leader, ai "pezzi da 90", ai capi-corrente e ai parlamentari uscenti che hanno superato i dolorosi tagli imposti dalla riforma costituzionale varata nella scorsa legislatura.

Così, quello dopo il varo delle liste è il giorno dei "cahiers des doleances" dei territori sottorappresentati, degli esclusi eccellenti, degli "uomini-macchina" messi al terzo o quarto posto di un collegio "impossibile" solo per confermare la lealtà al partito e al capo, della società civile respinta dal cartello "non cerchiamo personale" esposto all’esterno delle segreterie di partito. Schema unico, insomma. Al netto di lodevoli eccezioni. E al netto delle licenze che si è potuta concedere Fratelli d’Italia: il movimento di Giorgia Meloni è infatti l’unico che potrà portare in Parlamento, sondaggi alla mano, più deputati e senatori di quanti incassati nel 2018.

A usare in modo più massiccio lo schema dei posti blindati a discapito del territorio sono stati Forza Italia, Azione-Iv di Calenda, Renzi e delle ministre ex forziste, Impegno civico di Di Maio, il Pd in alcuni collegi (in particolare in Campania, utilizzata dai dem per garantire il seggio a Franceschini, Speranza e Camusso) e anche il nuovo M5s di Conte, per quel particolare ibrido che l’ex premier ha voluto creare tra i risultati delle "parlamentarie" e le sue prerogative da capo per decidere alcune posizioni "sicure".

Nel partito del Cav., che pure potrà contare sull’indotto di diversi eletti negli uninominali a nome della coalizione di centrodestra, la presenza fuori territorio riguarda non solo lo stesso Berlusconi (che è pur sempre un capopartito e che è tra i pochi leader ad aver accettato un "uno contro tutti" nell’uninominale di Monza), ma anche big come Tajani, Ronzulli e l’attuale compagna Marta Fascina, sostanzialmente imposta agli elettori forzisti della Campania. Al punto che "fedelissimi" dell’ex premier, come Antonio Palmieri e Sestino Giacomoni, hanno dovuto accontentarsi di posizioni di ripiego.

Nel Terzo polo di Calenda e Renzi lo "schema" non avvantaggia solo i due leader, Carfagna e Gelmini, ma anche Bonetti, Boschi e Rosato. I margini si sono rivelati così stretti per le segreterie romane dei partiti medi e piccoli che in molti casi il front-runner locale dei collegi uninominali non gode nemmeno di un posticino nel listino proporzionale, la sua corsa è un puro "servizio alla causa".
Lo "schema" che vede i pezzi grossi protetti nel proporzionale riduce anche le sfide dirette. A maggior ragione con la scelta di Letta, Conte, Salvini e Renzi di non affrontare uninominali. Ci si dovrà accontentare di sfide tra outsider di lusso, o differite: Emanuele Fiano contro Isabella Rauti a Sesto San Giovanni. O Calenda contro l’ex alleata Bonino a Roma centro, col rischio di sottrarsi voti a vantaggio del centrodestra.

Il neo-dem liberale Carlo Cottarelli contro la pasionaria di destra Daniela Santanché a Cremona. Il neo-meloniano Tremonti contro il segretario di +Europa Della Vedova a Milano.

A distanza, invece, gli scontri Meloni-Letta in Lombardia e Meloni-Zingaretti (sempre nel proporzionale) nel collegio centrale di Roma. Considerando l’affanno della sua nuova creatura, Impegno civico, sarà infine decisivo per Di Maio vincere il collegio uninominale ricavato a Napoli-Fuorigrotta: Conte, però, gli ha piazzato proprio lì l’ex ministro Sergio Costa, una vera bandiera 5s, mentre Calenda si è giocato la carta Carfagna, il tutto a potenziale vantaggio della candidata di centrodestra Mariarosaria Rossi.

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