I sondaggi non vanno granché, ma la speranza che si coltiva a Palazzo Grazioli è quella di puntare tutte le carte sull’allargamento della maggioranza. Per consentire al governo di andare avanti, confidando nella stanchezza dell’opinione pubblica sul caso Ruby dopo l’inevitabile indigestione mediatica e in una ripresa di feeling di fronte a provvedimenti concreti. Si parla, anche, nuovamente di una manifestazione di piazza per il 26 marzo a Roma, a sostegno del governo. E contro i magistrati che, come ha raccontato ieri Berlusconi ai suoi collaboratori «hanno inventato un reato che non esiste».Dal punto di vista dell’allargamento le cose stanno marciando, anche se ancora non con il passo che si vorrebbe. La dissoluzione del gruppo del Senato di Futuro e Libertà viene vista con grande soddisfazione dal Cavaliere («Fini ha quello che si merita, accusava me din essere un dittatore») e dagli altri dirigenti del Pdl. È un segnale forte, anche per la Camera dei deputati. Perché è lì che la coalizione che sostiene il governo e il presidente del Consiglio ha i maggiori problemi. E se la quota di 330 fissata dal leghista Calderoli nei giorni scorsi è ancora lontana, la sensazione nello stato maggiore del Pdl è che il processo di avvicinamento (o di riavvicinamento) sia appena iniziato. Commenta ottimista Umberto Bossi: «Oggi buon segno per la maggioranza».Intanto – Senato a parte – è rientrato all’ovile dalle file di Fli il deputato torinese Aldo Rosso. Per lui, accoglienza delle grandi occasioni e un posto nella direzione regionale. È stato infatti ricevuto in pompa magna a Palazzo Grazioli dal premier in persona, accompagnato dai "mentori", il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini e quello regionale Enzo Ghigo. Poi c’è il caso, un po’ particolare, di Paolo Guzzanti, che si è iscritto al gruppo dei "responsabili" da indipendente, con l’obbiettivo «solo di salvare la legislatura». E il travaglio infinito di Luca Barbareschi, che dopo settimane da pendolare, sembra abbia scelto di fermarsi in territorio "responsabile". Dal fortino di Palazzo Grazioli ieri è partito il cannoneggiamento contro il presidente della Camera Fini che, in pratica, ha accusato Berlusconi di comprare i deputati che ritornano nel Pdl. Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto ha parlato di grave «caduta di stile», determinata da una grave difficoltà politica». Mentre il vicepresidente dei senatori Gaetano Quagliariello è insorto: «Leggiamo con sconcerto giudizi e insinuazioni sulla libera determinazione di membri del Parlamento che il presidente della Camera non dovrebbe permettersi per alcuna ragione». Interviene a sostegno anche la "corazzata" Giuliano Ferrara, che dalle colonne del «Foglio» reclama l’intervento di Napolitano: «Il presidente della Camera ha perso la testa... I confini della decenza sono invalicabili anche per gli antiberlusconiani come Fini, il Quirinale lo faccia notare». Ma Berlusconi e i suoi hanno convenuto: l’attacco di Fini è segno di una evidente debolezza. Ma a Palazzo Grazioli si sono vissuti ieri momenti di tensione, dopo che l’agenzia di stampa Ansa aveva diffuso il parere di un anonimo appartenente alla Corte Costituzionale che anticipava un giudizio di incompetenza della Corte stessa a decidere sul conflitto di attribuzione tra Parlamento e/o Palazzo Chigi e il Tribunale di Milano in ordine alla competenza del giudizio per Berlusconi. In serata un secco comunicato: «La Corte costituzionale si esprime solo tramite i propri atti giurisdizionali o le dichiarazioni ufficiali del suo presidente». Tuttavia l’inquietudine dei legali del premier – che si preparano forse già lunedì prossimo a presentare un esposto alla Camera – permane, poiché ci sono molti pareri di autorevoli costituzionalisti che ricordano che l’unico organo chiamato a dirimere un conflitto di competenza in questi casi è la Corte di Cassazione.