Per celebrare l’Unità d’Italia bisogna prima mettere d’accordo gli italiani. Lavorare o non lavorare il 17 marzo – giorno in cui cade il 150° esatto della proclamazione del Regno– è l’ennesimo dilemma che ha suscitato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. E che trova gli italiani (che secondo D’Azeglio nel 1861 restavano ancora da fare) pronti a dividersi ancor oggi. Almeno quelli della politica e del sindacato. Il rilancio ieri delle lamentele confindustriali ha infatti visto un esponente dell’esecutivo come il ministro della Semplificazione legislativa Roberto Calderoli schierarsi con la leader delle imprese e annunciare che riaprirà oggi la questione della chiusura degli uffici pubblici in Consiglio dei ministri. Rintuzzato da due colleghi, Paolo Romani (Sviluppo economico) e Ignazio La Russa (Difesa).E anche nel mondo del lavoro si registrano posizioni distinte. Da un lato la Cgil che propende per il riposo, dall’altro il duo Cisl-Uil possibilista con l’ipotesi Marcegaglia. Il nodo del contendere sono i 4 miliardi che la numero uno di viale dell’Astronomia vede buttati nel cestino. «Non è la cosa migliore per la crescita», incalza. E suggerisce: la festa è importante, ma «la si può celebrare andando a scuola o lavorando », prevedendo appositi momenti. Concorda Calderoli, che ricorda di aver votato contro la chiusura degli uffici pubblici per la festa nazionale in sede di Consiglio dei ministri. Il ministro dà una lettura consonante con la Marcegaglia sulle ricadute negative anche sul settore privato. E aggiunge il pericolo di un 'effetto ponte' (la festa cade di giovedì e, come noto, gli uffici pubblici il sabato sono chiusi). Dunque, oggi nella riunione del governo andrà fatta «assoluta chiarezza» sulla questione, da affrontare non a caso insieme a «una serie di proposte per il rilancio dell’economia e dell’impresa». Chiude all’ipotesi La Russa: «È una decisione già presa. Non è sempre necessario che tutti siano d’accordo». Anche per il titolare dello Sviluppo economico, Paolo Romani, la chiusura degli uffici s’ha da fare. Primo, perché è una tantum . La festa «si tiene solo quest’anno, mi sembra che per una volta si possa festeggiare». Poi quest’anno il primo maggio cade di domenica e il 25 aprile coincide con la Pasquetta. Quindi anche i giorni lavorativi persi per il ponte sarebbero compensati. «Mi pare che si possa fare a meno di questa discussione e si possa dare un po’ di riposo ai lavoratori che ne hanno bisogno, quei pochi che lavorano, perché tanti sono in cassa integrazione», sostiene la leader della Cgil Susanna Camusso che esprime «stupore incredibile» per la polemica, rispetto ai problemi del Paese. Diversa la posizione di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, che dapprima si dice dispiaciuto e preoccupato per il fatto che ci si divida anche sull’unità d’Italia. Poi chiama in causa le istituzioni che «avrebbero fatto bene a discutere e verificare con le parti sociali l’impatto economico della festa ». Condivide l’appello della Marcegaglia anche Luigi Angeletti (Uil), che propone di unificare la ricorrenza con il 2 giugno, in modo da non perdere «qualche miliardo di euro, con cui si possono fare molte cose a beneficio degli italiani». L’appoggio di Calderoli a Confindustria non piace a diversi esponenti delle opposizioni. Sia pure con argomenti diversi. Anche Walter Veltroni (Pd) lamenta la mancanza di discussione con le parti sociali. Ma si dice pro-festa, perché «bisogna fermarsi un attimo, ritrovarsi italiani è una cosa bella per il Paese ». Critici soprattutto con il fatto che la Lega approfitterebbe dell’occasione per cercare di boicottare la festa nazionale Silavana Mura (Idv) e Alessandro Pignatiello (Pdci-Fds), che aggiunge aspre critiche a un «governo di nullafacenti ». Infine, una stoccata arriva da Italia Futura, l’associazione di Luca di Montezemolo, predecessore della Marcegaglia alla guida degli industriali, che parla di «polemiche inutili » e di «cagnara».