Il commissario Ue agli Affari Economici, Pierre Moscovici
Il caso Italia approda oggi a Lussemburgo, all’Eurogruppo. E gli umori sono chiari: Roma è isolata nel suo scontro con la Commissione Europea, tutti sperano in una soluzione, ma solo se le regole saranno rispettate.
«Nessuno – ha detto il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici – dovrebbe dubitare del fatto che applicheremo le regole se i criteri non saranno soddisfatti». La Commissione ha il sostegno di tutti gli altri governi dell’eurozona: «Ho parlato con Mario Centeno (presidente dell’Eurogruppo, ndr) – ha aggiunto il commissario - il quale mi ha detto che i governi domani (oggi, ndr) probabilmente daranno l’avallo alle valutazioni della Commissione».
Una doccia fredda è arrivata anche dalla Germania, finora più indulgente: Steffen Seibert, portavoce della cancelliera Angela Merkel, ha detto che è compito del presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, «monitorare se le regole vengono rispettate o meno dagli Stati membri. Noi sosteniamo la responsabilità di Juncker». A differenza dell’autunno, insomma, da Berlino nessun appello al dialogo. «Ovviamente la palla ora è nel campo italiano – ha detto ancora Moscovici –, abbiamo bisogno di vedere un percorso credibile per il 2019 e per il 2020. Siamo pronti a tener conto di eventuali nuovi elementi che l’Italia potrebbe proporre, la porta è aperta, ma non perdiamo tempo».
Per ora Bruxelles cerca di ignorare le bordate di Matteo Salvini: «Il Tesoro ci assicura che conteranno i fatti, non le dichiarazioni», dicono fonti comunitarie. Tuttavia, semplici nuove stime su inferiori uscite e maggiori introiti non basteranno: servono misure concrete. Lo dicono fonti impegnate nella riunione di martedì sera (il testo completo è circolato solo ieri) del Comitato economico e finanziario (Efc, dove siedono i vertici tecnici dei ministeri finanziari degli Stati membri), che ha avallato l’analisi della Commissione.
Il testo conferma che «il criterio del debito non è rispettato» e, dunque, una procedura «è giustificata»; il Comitato poi «invita l’Italia a prendere le misure necessarie per assicurare il rispetto del Patto di Stabilità». Colpisce che anche l’Efc non ripete quell’invito al dialogo che compariva invece nel suo testo di dicembre. Quanto alle stime italiane, «possono essere confermate solo più tardi nel corso dell’anno, quando maggiori dati saranno disponibili».
Comunque, si legge ancora, il rallentamento economico della seconda metà del 2018 «può essere visto come un moderato fattore rilevante, che solo in parte spiega il largo divario dell’Italia nel rispetto del criterio di riduzione del debito». E le conclusioni non cambiano se si tengono in conto le tragedia del Ponte Morandi o il dissesto idrogeologico. Ora, con l’avallo dei governi la Commissione, probabilmente il 26 giugno, potrà proporre formalmente l’avvio della procedura in base all’articolo 126.5 del Trattato Ue con annesse raccomandazioni (all’articolo 126.7). Una finestra di due settimane per il governo per trovare la 'quadra'. Starà poi agli Stati membri, all’Ecofin del 9 luglio, dare il via libera finale.
L’Italia spera in un rinvio, anche perché, scavallata l’estate, la Commissione sarà a un passo dalla scadenza (31 ottobre). In teoria le norme europee prevedono massimo quattro mesi rispetto alla pubblicazione dei dati ufficiali sull’anno precedente per l’Ecofin per dare il via libera (il primo agosto, visto che i dati sono stati pubblicati il primo aprile), ma il limite non è del tutto tassativo. I margini per un rinvio, avvertono però fonti comunitarie, «sono molto limitati».