Un'immagine d'archivio della Clinica pediatrica De Marchi a Milano. Molti i ricoveri di bambini affetti da bronchiolite causata dal virus sinciziale - Fotogramma
Pericoloso, se il neonato è prematuro o è affetto da altre malattie. Ricorrente, perché torna ogni anno con la stagione fredda. Un altro virus respiratorio, quello sinciziale, è tornato alla ribalta delle cronache dopo i numerosi casi gravi tra bambini molto piccoli registrati nelle ultime settimane: quattro i decessi registrati finora, due neonati a Napoli e a La Spezia, due bimbi di tre anni nel Lodigiano e a Siena. E una lista infinita di piccoli ricoverati, da Nord a Sud.
Il virus è noto ai pediatri come una delle cause della bronchiolite, un’infiammazione delle piccole vie aeree dei polmoni. Se contratta nelle prime settimane di vita e in genere sotto i tre mesi, la malattia è potenzialmente rischiosa. Di qui l’allarme e la paura di molti genitori per la circolazione che vede un picco proprio in questi giorni. Ed è un’anomalia, perché «in genere la fase epidemica si verifica fra la metà di dicembre e fine gennaio mentre quest’anno è in anticipo di un mese e mezzo», spiega il professor Alberto Villani, responsabile di Pediatria generale dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Altra caratteristica è la virulenza. Questo però non stupisce: «Ogni quattro-cinque anni – continua – si manifesta con una maggiore aggressività e questo sembrerebbe essere l’anno».
Come per tutte le malattie virali, anche per la bronchiolite non esiste una cura specifica. «Ciò che si fa – dice l’esperto – è adottare misure di sostegno, come l’ossigeno, per far star meglio il bambino che in genere non respira bene e non si alimenta». Poi c’è la strada della prevenzione, indicata dalle linee guida internazionali, destinata ai bambini più a rischio, nati fortemente prematuri. «La profilassi di anticorpi monoclonali può contrastare l’arrivo del virus. Non è un vero e proprio vaccino, ma è un supporto che aiuta l’organismo a difendersi». In questi giorni, al Bambino Gesù come in tutta Italia c’è un maggior afflusso: «La situazione pandemica aveva già evidenziato un filtro non sempre adeguato da parte della medicina del territorio e giungono in Pronto soccorso più bambini di quelli che dovrebbero arrivare».
Colpa dell’attenzione maggiore dei media? O della confusione dei sintomi con quelli del Covid? No, secondo il professore. «La bronchiolite è una patologia conosciuta da anni. A Napoli, negli anni Settanta veniva chiamata “male oscuro”. Sarebbe meglio – suggerisce Villani – tramite un contatto diretto con il medico curante riuscire a portare in ospedale solo i bambini meritevoli di attenzione seria. Il Covid ci ha insegnato che raramente ci sono casi con sintomi importanti nella fascia pediatrica e solo i bambini sotto un anno di età con sintomi importanti meritano una valutazione ospedaliera».
L’esperto ribadisce: i criteri di allarme e pericolo sono allora l’età precoce e la presenza di sintomi rilevanti, come la difficoltà respiratoria e la mancata alimentazione. «È vero – sottolinea – che nel bambino questo può avvenire nel giro di poche ore, ma la bronchiolite ha caratteristiche tipiche che il pediatra riesce a individuare».
La contemporanea manifestazione dei due virus, Covid e sinciziale, finora per fortuna non è stata osservata. «Lo scorso anno la presenza del Covid sembrava aver spiazzato tutti gli altri virus. La co-infezione virale è molto frequente nei bambini ma per ora non sono stati registrati casi di Sars-Cov2 con il virus respiratorio sinciziale».
Altra preoccupazione fra i genitori è che a distanza di anni dall’infezione si possa manifestare l’asma. «Studi datati ma ancora validi dimostrano che c’è una maggiore incidenza dei problemi respiratori fra cui l’asma dopo la bronchiolite o una polmonite nei primi anni di vita. Questo perché le infezioni o il fumo di sigaretta passivo sono fattori di rischio per lo sviluppo armonico dei polmoni». La raccomandazione è l’allattamento al seno («che non mette al riparo dai virus ma è quanto di meglio possa favorire lo sviluppo del bambino») e l’uso di precauzioni in presenza del lattante: igiene delle mani e, se qualcuno in casa è raffreddato, mascherina. Il Covid qualcosa ce lo ha insegnato.