martedì 18 maggio 2010
Il senatur: «Bastano i passaggi in Commissione e in Consiglio dei ministri, senza andare di nuovo in Parlamento». Ma sul fisco regionale «Generazione Italia» avverte: va fatta prima la riforma sanitaria.
COMMENTA E CONDIVIDI
«Pochissimi giorni e il federalismo fiscale sarà realtà». Umberto Bossi vede lo striscione del primo traguardo concreto, sul federalismo, ed esulta: «Ci siamo – dice il ministro delle Riforme, in visita nel Veneto – una volta che la commissione avrà dato parere positivo e il consiglio dei ministri darà via libera, la mattina dopo il federalismo sarà nella Gazzetta Ufficiale». Smorza anche i toni sulla secessione, evitando polemiche col presidente della Repubblica: «Sanno che cosa chiede la gente. Napolitano è come se avesse detto "non è la soluzione giusta, passiamo attraverso il federalismo"».Poi parla al sito di Affaritaliani: «Gli abbiamo fatto l’assicurazione sulla vita, il federalismo non deve passare più per il Parlamento». In realtà, quello di cui parla Bossi è il federalismo demaniale. Un altro passaggio preliminare, insomma, anche se importante. È lo step successivo, però, che si profila più complicato, e Bossi lo sa bene. E gli avvertimenti che il senatur lancia agli alleati più riottosi, come Gianfranco Fini, o a quelli potenziali, come Pier Ferdinando Casini, invitato anzi a restare dove sta, suonano anche come un segnale per lo stesso Silvio Berlusconi. Entro fine giugno, infatti, il governo dovrà andare in Parlamento per discutere sulle simulazioni dell’impatto a livello locale per l’avvento del nuovo sistema fiscale. In una parola: i conti. Quelli veri e propri, cui sta lavorando senza sosta la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale presieduta dal professor Luca Antonini, che dovrebbe concludere i suoi lavori entro un mese, per consentire la discussione preventiva nel governo, prima di andare in Parlamento. «Il Nord non può più mantenere il Paese come ha fatto finora, con questa crisi», avverte Bossi. Che si dice anche d’accordo con l’ipotesi di tagliare gli stipendi dei parlamentari: «L’importante – avverte – è che non sia un trucco per continuare a dare i soldi a quelli del Sud che li buttano via». E aggiunge: «Se c’è da pagare devono farlo tutti, è giusto che anche i magistrati diano una mano, perché il loro stipendio è legato a quello dei politici». Secondo Bossi però «non si risolve certo così il problema, ci vuole ben altro. Serve il federalismo fiscale – ripete –. È l’Europa che lo sta imponendo a tutti i Paesi che hanno un forte debito pubblico, perché il federalismo fa risparmiare».Ma intanto Gianfranco Fini affila le armi in vista del passaggio cruciale, sul federalismo, per fine giugno. Un anticipo lo dà il sito di Generazione Italia, con uno studio che dimostra come in questi ultimi anni siano cresciuti i costi delle Regioni, più che dello Stato centrale. «Per un federalismo responsabile serve la riforma sanitaria», sostiene il movimento presieduto da Italo Bocchino. Quel che pensa Fini, invece trapela da un incontro tenuto con gli amministratori: «Dandomi del rompiscatole Bossi mi fa un riconoscimento – ragionava il presidente della Camera –. Io pongo dei problemi che stanno venendo a galla tutti. Il federalismo, alla fine, forse, darà risparmi. Ma con questa crisi non possiamo permetterci salti nel buio. Vedrete – concludeva Fini – anche Berlusconi e Tremonti alla fine mi daranno ragione».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: