mercoledì 25 febbraio 2009
Un primo campione delle richieste presentate attraverso il Caf delle Acli conferma alcuni limiti già evidenziati: per il Bonus famiglia l'80% dei beneficiari sono singoli e coppie senza figli, per la Carta acquisti resta esclusa per limiti di età un'ampia fetta di popolazione povera.
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I primi dati sul flusso delle do­mande per il «Bonus famiglia» confermano le previsioni della vi­gilia: la grandissima parte dei bene­ficiari saranno pensionati singoli e coppie senza figli. Nonostante il no­me, infatti, le famiglie con prole a go­dere del beneficio saranno meno del 20%. Mentre, sul fronte della «Social card» dedicata ad anziani e famiglie con bambini di età inferiore ai 3 an­ni a bassissimo reddito, rimane un’ampia area di bisogno non co­perta dall’iniziativa di sostegno. Il campione e i risultati. A elaborare le prime stime sulla distribuzione del «Bonus famiglia» è stato il Centro di assistenza fiscale delle Acli. Gli spor­telli sparsi in tutt’Italia hanno rac­colto (fino al 9 febbraio) oltre 110mi­la richieste. Un campione certo limi­tato, se si considera che la platea fi­nale stimata dal governo è di 8 mi­lioni di soggetti beneficiari (più pro­babilmente si arriverà tra i 6 e i 7 mi­lioni), ma non di meno significativo. Ebbene, come si evince dalla tabella A ben il 52,20% dei richiedenti (con requisiti validi) è costituito da pen­sionati soli. A questi si aggiunge un 26,96% di coppie senza figli o – ma si tratta di percentuali residuali – geni­tori soli con un solo figlio a carico. Decisamente limitate, invece, le fa­miglie con figli che riescono ad ave­re accesso al beneficio: il 19,12% per l’esattezza. La ripartizione, come si vede sempre nella tabella A vede la famiglia di 3 componenti a quota 7,36% e poi a scendere le coppie con 2 figli al 6,48%, con 3 figli solo il 2,15%, dai 4 figli in su è appena lo 0,78%. Completano il quadro i nuclei nei quali sono presenti disabili (escluso il richiedente): 2,34% delle domande. La situazione viene solo parzial­mente corretta se si guarda alle ri­sorse destinate. Essendo l’importo del singolo bonus variabile da 200 a 1.000 euro, singoli e coppie senza fi­gli 'incassano' il 62,81% dei fondi mentre alle famiglie con figli va il 29,25% e il 7,93% è riservato ai nuclei con disabili. I perché dello squilibrio. Come Av­venire aveva già evidenziato con due inchieste (pubblicate il 5 dicembre 2008 e l’11 gennaio 2009) a determi­nare lo squilibrio nei soggetti bene­ficiari è l’anomala parametrazione dei requisiti di reddito annuo a se­conda dei componenti la famiglia, soprattutto se messa a confronto con la corrispondente soglia di povertà relativa. Il tetto massimo dei primi due scaglioni (uno e due componenti il nucleo) è stato infatti fissato ri­spettivamente a 15mila e a 17mila euro annui, pari circa al doppio del­la soglia di povertà corrispondente: 7mila euro per un singolo e 11mila per una coppia. Per contro, invece, il tetto di reddito annuo degli scaglio­ni successivi– quelli per le famiglie con 1, 2 bambini – sale di pochissi­mo e si posiziona appena al di sopra della soglia di povertà. Addirittura con 3 o 4 figli solo i nuclei con reddi­ti già al di sotto della soglia di povertà relativa possono richiedere il bonus. La sproporzione è dunque lampan­te, come avevano messo in evidenza anche il Forum delle famiglie e l’As­sociazione famiglie italiane: del bo­nus possono beneficiare singoli con redditi doppi rispetto ai limiti di po- vertà, mentre le famiglie con figli de­vono già essere in miseria per poter avere accesso al beneficio. Carta acquisti non per tutti. Una va­lutazione simile si può fare anche per la cosidetta «Social card». Per otte­nere la carta acquisti ricaricabile con 40 euro al mese, è infatti necessario rispettare alcuni requisiti. Le fami­glie devono avere figli tra 0 e 3 anni e un reddito certificato Isee inferiore a 6mila euro di valore. Stessi parame­tri per gli anziani di almeno 65 anni, ai quali si applicano però come ulte­riori requisiti quelli di un reddito lor­do comunque inferiore a 6mila euro, comprensivi di voci accessorie (che normalmente non costituiscono red­dito) come rendite di invalidità o as­segni di accompagnamento. Come ha funzionato questa griglia nel fil­trare le richieste? Guardando al cam­pione del Caf delle Acli arriva qual­che prima risposta. Analizzando i da­ti della tabella B, infatti, ci si accorge che su oltre 65mila richiedenti una buona metà è stata scartata perché superava seppur di poco il requisito dei 6mila euro di reddito. «Spesso si trattava di persone invalide, e quin­di con un assegno di accompagna­mento o una piccola rendita dell’I­nail, oppure di anziani in possesso di un box o qualche altro piccolo be­ne », spiega Paolo Conti, direttore na­zionale del Caf Acli. All’interno delle residue 32.902 richieste – 'valide' quanto ai limiti di reddito – appena l’11% riguarda le famiglie con figli tra 0 e 3 anni mentre per il 52% si tratta di pensionati. C’è poi una fetta piut­tosto ampia, pari al 37% dei richie­denti, che non avrà diritto alla «So­cial card» pur avendo un reddito in­feriore ai limiti dei 6mila euro. Si trat­ta in sostanza di famiglie con figli ol­tre i 3 anni oppure persone che non hanno ancora compiuto i 65 anni. Sono poveri, anche poverissimi, ma non hanno l’età per godere dei be­nefici. I difetti delle due operazioni. I primi dati forniscono una conferma all’e­mergere di alcuni limiti. Anzitutto, la mancata focalizzazione degli aiuti sulle famiglie con figli, nonostante queste siano più a rischio di povertà di altre categoria. Poi il vantaggio of­ferto alle convivenze rispetto alle coppie sposate, dato che le prime possono non sommare i redditi dei due genitori e comporre con i figli due nuclei come meglio credono, per ottenere due bonus. Sono decisa­mente penalizzati, inoltre, i disabili 'capofamiglia' che di fatto non 'con­tano' ai fini del bonus e gli invalidi con assegno esclusi dalla «Social card». Infine, resta una fetta di po­polazione povera – che appare piut­tosto ampia – non tutelata in alcun modo, spesso solo per motivi di età.
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