La riconfermata ministra della Famiglia e delle pari opportunità Elena Bonetti (Italia viva) - Ansa
Le dimissioni di Elena Bonetti da ministro della Famiglia e delle Pari opportunità, insieme a quelle della collega Teresa Bellanova all’Agricoltura, e del sottosegretario Ivan Scalfarotto, avvenute esattamente un mese fa, hanno rappresentato il momento in cui Italia Viva ha staccato la spina al governo Conte 2, decretandone la fine. Per i retroscenisti non sarebbe dovuta essere Bonetti a rientrare in gioco, e invece rieccola qui, unica ministra a rappresentare il partito guidato da Matteo Renzi nel nuovo governo Draghi, e nello stesso dicastero di prima. Dunque: dove eravamo rimasti?
«Dopo le dimissioni – racconta Bonetti, che in queste settimane aveva ripreso il lavoro di professoressa di Analisi matematica all’Università di Milano – c’è stata una fase di riflessione, per ripercorrere il lavoro fatto e rielaborare le ragioni, convinte, di quella decisione, e per fare discernimento sull’indirizzo da prendere in un momento delicato. Come cittadina e membro di una comunità politica ho partecipato all’attesa del Paese per una nuova opportunità, che si è concretizzata grazie alla guida del presidente Mattarella. Poi, la nuova chiamata. Come mi sento? Emozionata, grata e onorata per questa responsabilità. Non è un ritorno sui passi già fatti, ma la partenza di un nuovo corso, in un nuovo contesto di governo».
Cosa le dice il fatto di essere stata riconfermata nello stesso dicastero che aveva lasciato?
Più che come una chiamata personale, la vivo come fosse rivolta alle donne e agli uomini di tutto il Paese. Oggi si tratta di ridare speranza e concretezza. Ed essere tornata sui temi che mi hanno vista impegnata nella ricerca di un percorso di coesione e ricomposizione, anche nella costruzione del Family Act e nell’approvazione dell’Assegno unico e universale, indica che questa è una delle sfide che abbiamo davanti. Si tratta di ripartire dai fondamentali: dalla vita delle persone, dei giovani, delle famiglie. Queste sono le frontiere e così interpreto il mio rimanere in questo percorso.
Anche a causa della crisi politica il cammino dell’Assegno ha subito un rallentamento. Ci sarà il tempo per partire a luglio, come previsto?
Lo strumento dell’Assegno unico e universale è maturato nel segno di una volontà trasversale di tutte le forze politiche, è una riforma di tutti e per tutti, che appartiene in alle bambine e ai bambini e agli uomini e alle donne dell’Italia. Sono già stati stanziati i fondi nella Legge di Bilancio e ci sono tutte le premesse perché la sua attuazione avvenga nei tempi previsti. Nel rispetto delle competenze di ministro darò il mio contributo perché i tempi siano il più possibile rapidi.
Per quanto riguarda il Family Act, ritiene che il nuovo contesto di insicurezza prolungata dovuto all’emergenza sanitaria richieda un potenziamento di obiettivi e di sguardo a favore delle famiglie?
Il Family Act è stato approvato da un governo, nel rispetto del percorso parlamentare farà il suo corso, e si arricchirà in virtù delle proposte che emergeranno. Ricordiamo che il Family Act nasce come approccio nuovo alle politiche familiari, perché non serve solo a sanare criticità, ma a fornire strumenti per ricostruire fiducia, concretezza di scelte e progetti di vita. Serve a mettere al centro i giovani, le bambine e i bambini, offrendo percorsi educativi come atto di responsabilità di una comunità. Guarda al protagonismo delle donne, perché siano libere nella realizzazione in ambito familiare e lavorativo. È questa la cifra di una legge che vuole offrire quelle opportunità che in questo momento di crisi rappresentano un presidio per la ripartenza e per ridare speranza. Le famiglie hanno bisogno di uno sguardo di speranza. Assegno unico-universale e Family Act sono un investimento sull’educazione e sul protagonismo delle famiglie e dei giovani di questo Paese: la prospettiva emersa nelle parole per il rilancio condivise da tutte le forze politiche. Si tratta di inserire questi elementi nel percorso programmatico del presidente del Consiglio Draghi.
Con il nuovo governo Italia viva ottiene solo un ministero, e ne perde uno con portafoglio. Che futuro vede per il suo partito?
La comunità di Italia Viva ha dimostrato di poter essere una forza coraggiosa, capace di mettere in campo idee in modo generoso, non solo in termini di strategia o tattica politica, ma ponendo al centro il destino delle nuove generazioni. Questo è sempre stato lo sguardo e il motore delle nostre azioni. Il merito di questo passaggio politico va all’intuizione di Matteo Renzi, di Teresa Bellanova e di tutti i parlamentari che hanno mostrato coesione e unità. Ora la necessità è costruirci ancora di più come comunità, perché è nella comunità che si può incarnare la responsabilità di una politica al servizio degli uomini e delle donne del nostro Paese.
Che parola sceglierebbe per caratterizzare questa nuova ripartenza?
Una parola molto bella che è risuonata e mi ha colpito: fiducia. La fiducia presuppone un doppio sguardo: quello della speranza e quello della relazione. È sulla fiducia che dobbiamo ricostruire la nostra comunità.