Elena Bonetti, ministra per la Famiglia e le Pari opportunità. - Ansa
Elena Bonetti, ministra di Italia Viva per la Famiglia, è dalla sera del 31 dicembre a casa nel Mantovano per qualche ora di relax. Ma il telefono è costantemente collegato con Roma per seguire l’evolversi della situazione nella maggioranza.
Ministra, se un concittadino le chiede se siamo già in una crisi di governo, cosa risponde?
No, non siamo in crisi. Noi siamo costantemente impegnati a evitare la crisi del Paese. Quindi a trovare soluzioni concrete per farci costruttori di una vera ripartenza, nello spirito indicato dal presidente Mattarella, e a sollecitare tutti a creare le condizioni perché ripartire sia davvero possibile.
Il suo partito ha letto in negativo l’annuncio, da parte di Conte, del voler andare in Parlamento se Iv facesse venir meno la fiducia. Il premier però ha anche detto che serve fare una sintesi politica e che bisogna correre sul Piano di rilancio. Non sono comunque delle basi di dialogo?
Attenzione innanzitutto a non scambiare l’obbligo costituzionale per una gentile concessione. Non leggiamo in negativo il passaggio parlamentare, il governo deve sempre rendere conto al Parlamento. Quanto alla 'sintesi politica', serve prima una condivisione. A oggi non ci è stata ancora data alcuna risposta.
A parte la delega ai servizi segreti, quali sono per voi i punti irrinunciabili sul Recovery plan?
Più che irrinunciabili li definirei indispensabili. Non per Iv, ma per il Paese. Siamo stati i primi - e da mesi - a dire che bisognava correre, e quindi fa piacere sentirlo dire ora anche al presidente Conte. I punti sono le risorse per la sanità - a partire dal ricorso al Mes - e per le scuole. Risorse per le infrastrutture e per la cultura. Poi il finanziamento integrale del Family act per il contrasto alla denatalità, che vuol dire riforma dei congedi parentali e investire per colmare i ritardi sul lavoro femminile e per dare futuro ai giovani. Questi sono soldi dei nostri figli, e a loro va garantito un protagonismo fattivo. Li definirei tutti dei vettori di futuro, sui quali basare la speranza da incarnare nel 'concreto vivente' del Paese.
In sostanza, rimproverate a Conte di voler fare 'troppo da solo'? Anche sul piano sanitario?
Al presidente del Consiglio abbiamo chiesto delle risposte di merito su snodi vitali per il Paese. Così come da mesi abbiamo chiesto di impostare un ragionamento sul piano di vaccinazione. La risposta è stata la nomina a commissario di Arcuri... Quella dei vaccini è oggi la grande sfida. Non è possibile fare un bilancio definitivo dopo i primissimi giorni, ma è per questo che avevamo chiesto una road map, per proteggere da subito e rapidamente il maggior numero possibile di cittadini. Non ci è stata data.
Il vostro giudizio sul presidente del Consiglio è molto cambiato. Cosa è mutato, al di là della bozza sul Recovery mandata ai partiti il 7 dicembre alle 2 di notte?
Non vorrei che fosse derubricato a residuale quello che è stato un episodio fondamentale. Con quel testo si decideva come e dove investire quasi 210 miliardi senza che nemmeno fosse stato letto nel governo da tutti. Italia Viva ha dato la sveglia su quell’operazione, tant’è che poi ci hanno seguito altri partiti. Comprendo che oggi le paure siano ancora legate più ai contagi, ma questo Pnrr, che pesa quasi quanto 10 ex Finanziarie, è un appuntamento con la storia. Sbagliare gli obiettivi sarebbe una catastrofe per tutto il Paese. Non siamo certo noi quelli che vogliono far salire il debito. Se ora scegliamo in modo superficiale, condanneremo in modo irreversibile noi e i nostri figli.
Un Conte-ter con nuovi ministri 'di peso' può essere ancora una soluzione valida?
Quello che chiediamo è un governo che faccia bene sul Recovery plan, che sappia offrire una svolta a famiglie e imprese. Mi auguro che lo guidi ancora il presidente Conte, ma è lui per primo che deve dare risposte. Nel più breve tempo possibile.
Conte ha smentito di cercare maggioranze alternative. Non gli credete?
A me pare che oggi siano soprattutto le 'maggioranze alternative' ad aver smentito questa ipotesi.
Senza risposte, lei si dimetterà davvero?
Io vivo la politica nel continuo richiamo all’esigenza che ha spinto i miei primi passi, il servizio dei cittadini secondo coscienza. È questa la consapevolezza che mi accompagna e orienta. Se le condizioni per servire bene il Paese non ci fossero più, è chiaro che sarebbe questa la conseguenza più logica, libera e responsabile.
In finale, a cosa punta davvero Iv?
A far ripartire il Paese. La storia ha dei momenti di svolta. Questa è una di quelle fasi. Sta a noi decidere il futuro dell’Italia e dell’Ue e svoltare nel verso giusto. Il Paese non è arrivato pronto a questa crisi pandemica, ma gli italiani hanno dimostrato di possedere energie straordinarie per reagire. Adesso la politica ha il dovere di riconnettersi a queste energie e di assumersi responsabilità per il Paese.