Gli uomini della squadra mobile di Milano hanno fermato nella notte due uomini che potrebbero avere avuto un ruolo nell'attentato di ieri contro la caserma dell'esercito Santa Barbara di Milano. Si tratterebbe di un egiziano e un libico che sarebbero presunti complici di Mohamed Game, il libico che ieri mattina ha fatto esplodere un ordigno all'interno della caserma di Piazzale Perrucchetti.Nel corso delle indagini sull'attentato di ieri alla caserma Santa Barbara di Milano sono stati sequestrati 40 chilogrammi di nitrato d'ammonio e di sostanze chimiche utili per la fabbricazione di ordigni esplosivi apparentemente dello stesso tipo di quello esploso in via Perrucchetti. Nel corso degli accertamenti è stato appurato che il nitrato venne acquisito circa una settimana fa da Mohammed Game, l'attentatore arrestato ieri. Il nitrato d'ammonio che non è in sè un esplosivo, e altro materiale di "interesse investigativo" sono stati sequestrati in un appartamento a Milano che era nella disponibilità di Mohammed Game, l'attentatore arrestato ieri, e del suo presunto complice egiziano Mahmoud Kol, situato nello stesso stabile dove abita l'altra persona fermata questa notte, e cioè il libico Imbaeya Israfel. Il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro leggendo un comunicato stampa, ha smentito dunque "che siano stati sequestrati grossi quantitativi di esplosivo, posto che il nitrato di ammonio non è in sé esplosivo anche se costituisce componente per la fabbricazione di materiale esplodente". Il nitrato venne acquistato una settimana fa da Game. Il pm Maurizio Romanelli che coordina le indagini chiederà il convalido dell'arresto in flagranza e dei due fermi, mentre stanno proseguendo le indagini da parte della Digos e del Ros per approfondire il contesto in cui è avvenuto l'attentato.
Le reazioni della comunità islamica: gesto da condannare. Intanto è unanime nel mondo islamico milanese la condanna per l’attentato alla caserma di piazzale Perrucchetti. La «totale solidarietà a tutto il corpo dei carabinieri» è arrivata dalla Casa della Cultura islamica. «Noi non conosciamo l’attentatore, Mohammed Game – aggiunge il presidente dell’istituto di via Padova, Mahmoud Asfa –. Sono pochissimi i libici a Milano e quasi nessuno frequenta la nostra moschea». Game «si vedeva a volte», invece, al Centro culturale islamico di viale Jenner. «Veniva a pregare da noi qualche volta, ma era uno dei tanti. Niente mi ha mai fatto pensare che potesse avere intenzioni simili» dice il presidente Abdel Hamid Shaari, che condanna «qualunque tipo di violenza, di qualunque marchio essa sia. Noi come comunità islamica – aggiunge – rifiutiamo nella maniera più assoluta questi gesti». Il gesto «di un pazzo, slegato da qualsiasi organizzazione»: il responsabile dell’istituto di viale Jenner, luogo in passato al centro di indagini e di polemiche cittadine (e che fino a ieri, dopo l’attentato, il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, ha definito un «covo di fondamentalisti»), esclude anche che fra gli islamici milanesi vi sia un clima di ostilità per la presenza di truppe italiane in Afghanistan (ieri circolava la voce, smentita dai militari, che il libico che si è lanciato a piedi da solo all’ingresso della caserma innescando la bomba avrebbe gridato «via dall’Afghanistan»).«Condanniamo con forza questo gesto e qualsiasi altro gesto simile» è la reazione di Mohammed Nour Dachan, presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia. Per Dachan fatti come quello avvenuto ieri alla caserma “Santa Barbara” o i recenti episodi di violenza che hanno visto coinvolti cittadini di origine islamica «sono tutti lontani dagli sforzi di inserimento nella comunità che vengono operati dalle mosche e dalle associazioni islamiche in Italia». E il presidente dell’Ucoii rincara: «Basta parlare di terrorismo religioso: il terrorismo è terrorismo e ancora una volta questo fatto dimostra che l’Islam non c’entra niente».Anche il vice presidente della Comunità religiosa islamica di Milano, Yahya Sergio Yahe Pallavicini, ribadisce la «netta e decisa condanna» della Coreis al gesto violento del cittadino libico. Imam della moschea Al-Wahid, Yahya Pallavicini assicura «l’estraneità totale dei musulmani e dell’Islam» da episodi di «violenza e brutalità fisica che restano, come quello recente del padre di Sanaa Dafani, isolati». Altre sono, ripete, «le espressioni popolari e autentiche dell’islam e dei musulmani».