venerdì 27 agosto 2010
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«Ammucchiata sarà la sua». Prima il responsabile comunicazione del partito Stefano Di Traglia, poi il segretario politico Pierluigi Bersani tagliano corto con ogni polemica. La risposta del Pd a Silvio Berlusconi che aveva parlato di «teatrino», di «vecchia politica» e di «ammucchiate fuori dal tempo» è chiara e forte. La proposta di una coalizione di centrosinistra (lanciata da Bersani con una lettera a Repubblica) che, alla stregua dell’Ulivo di Prodi, torni a essere vincente, mandando a casa Berlusconi e disegnando le riforme per il rilancio del Paese, non è un’ammucchiata.Al di là di contraddizioni, evidenziate da alcuni esponenti del Pd, nel progetto di Bersani la cosa che emerge con certezza è che in preparazione dell’autunno caldo del "casa per casa" e del "piazza per piazza" da lui stesso voluto, il segretario sta provando a fare quadrato. Forse anche facendo un favore non da poco al premier in difficoltà, il leader del Pd sceglie di sparare contro il governo in chiave fortemente antiberlusconiana. «Adesso no – ha detto alla festa del Pd a Pontelagoscuro, nel cuore della Romagna rossa – adesso basta. La mia è una proposta politica chiara, precisa. La sua e un’ammucchiata. E lui sta pretendendo di governare con una compagnia che si insulta tutti i giorni». Poi, nel caso in cui il concetto non fosse ancora risultato chiaro, ha insistito: «Si manganellano tutti i giorni. Questa è un’ammucchiata». E la Lega «è il puntello. Sta attaccata al vecchio zio per prendergli l’eredità: non gli da nemmeno la badante»Un attacco diretto a Berlusconi, senza possibilità alcuna di equivocare. Del resto, anche nel caso in cui si volesse sostenere che le parole di Berlusconi fossero rivolte più ai finiani che a Bersani, non sarebbe in alcun modo equivocabile la sortita di ieri mattina contro il segretario del Pd lanciata dal portavoce del Pdl Capezzone, a spiegazione delle parole di Berlusconi: «Bersani ripropone lo schema dell’ammucchiata in salsa antiberlusconiana». Una sequenza di causa ed effetto talmente efficace da far sorgere il dubbio che sia stata studiata a tavolino. Sullo sfondo si erge, comunque, il progetto in più mosse che Bersani vorrebbe mettere in campo per ridare vita all’opposizione partendo dal ruolo centrale del Pd, perché «questo è il momento, la fine del berlusconismo, che non è la fine di un governo ma di un periodo e può riservare un colpo di coda micidiale segando i pilastri del nostro sistema costituzionale».Un’idea che prevede la nascita di quella che lui definisce una "Alleanza democratica", aperta a tutte le forze che si definiscono antiberlusconiane. Aperta, quindi, all’Udc di Casini, a indipendenti come Luca di Montezemolo e a ex alleati di Berlusconi come Gianfranco Fini. Forze che insieme possono costituire «un patto elettorale», per sconfiggere il premier alle elezioni e dare vita a una legislatura costituente.Al contempo Bersani pensa a un "Nuovo Ulivo", come cosa diversa dall’"Alleanza democratica", nato «dall’impegno univoco di tutte le forze progressiste», in cui «i partiti di centrosinistra possano esprimere un progetto univoco di alternativa per l’Italia e per l’Europa e mettersi al servizio di un più vasto movimento di riscossa economica e civile del Paese». Una sequenza di eventi che, secondo Bersani, dovrebbe essere preparata da un governo di transizione o di obiettivo, che conduca il Paese al voto anticipato dopo aver cambiato la legge elettorale. Un passaggio, questo, che viene considerato auspicabile anche da Walter Veltroni e che forse risulta essere uno dei due elementi di incontro fra le proposte del vecchio e del nuovo leader. Il secondo è la necessità di fare in modo che eventuali elezioni anticipate siano da addebitare soltanto al fallimento di Berlusconi: «Non abbiamo paura del voto, ma se arriva deve avere un padre e una madre: Berlusconi e la sua crisi».
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