La nuova Finanziaria (ora Legge di stabilità) verrà chiusa prima in Parlamento. Entro il 10 dicembre, ha fissato il calendario deciso al Quirinale. Ma per il Pd è comunque troppo tardi. «Il governo si è voluto prendere 15 giorni in più, 15 giorni di troppo», sbotta in serata un Pier Luigi Bersani a dir poco irato. Un’ira nella quale il leader del Pd, parlando di «vergognoso traccheggiamento» e di «melina irresponsabile», ha coinvolto indirettamente lo stesso Quirinale, che un siffatto calendario in fondo l’ha avallato.Tempi a parte, Bersani non ha perso però la speranza che la "spallata" al governo porti a un governo di transizione. L’unico - a suo avviso - capace, oltre che di scongiurare le elezioni anticipate (viste oggi con il fumo negli occhi dal Pd), di affrontare i «problemi serissimi» che il Paese ha di fronte e che fanno ipotizzare (persino in qualche ambiente di maggioranza) un governo "super-tecnico" affidato al governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. «Al di fuori di questa strada non vedo soluzioni positive», ha concluso Bersani che, tuttavia, davanti a una domanda dei giornalisti sul nome di Draghi ha precisato che «la valutazione dei nomi e degli incarichi la lascio nella giusta fase al presidente Napolitano». Ma sul fronte di un governo alternativo va registrata anche la richiesta, diversa nei contenuti, di «un armistizio» avanzata da Pier Ferdinando Casini. Il leader Udc pensa invece a un nuovo governo che includa sempre il Pdl e per il quale «Berlusconi e i suoi oppositori dovrebbero sedersi a un tavolo e ragionare in modo diverso».Già dalla mattina il Pd aveva voluto sgombrare il campo dall’"ostacolo" Finanziaria, il cui iter intanto è partito in un’aula di Montecitorio praticamente deserta (40 gli iscritti a parlare; da oggi le votazioni e, a questo punto, si esclude il ricorso al voto di fiducia). I due capigruppo Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, dopo un incontro con Bersani, avevano formalizzato in una lettera ai presidenti rispettivamente di Camera e Senato la disponibilità del partito, pur confermando il "no" alla legge, ad approvarla già entro il 30 novembre (dalla la Camera il testo deve andare in Senato, dov’è già atteso in commissione la settimana prossima), in modo da portare subito dopo in aula il dibattito sulla crisi politica. D’altronde anche i finiani di Fli sono disposti a votare la Finanziaria, dopo aver incassato alcune vittorie simboliche, come i maggiori fondi per l’università e per l’editoria.Il Pd ha incalzato la maggioranza per tutto il giorno sostenendo, sempre con le parole di Bersani, che così «si è reso chiaro il senso di responsabilità delle forze di opposizione», davanti a una «insostenibile melina che lascia sgomento il Paese». Il rifiuto di questa proposta, secondo Bersani, porterà a un effetto di maggior asprezza, perché «ognuno avrebbe mani libere nella battaglia parlamentare». E una disponibilità ad accelerare i tempi sulla nuova Finanziaria era stata offerta a Montecitorio dal vice-ministro dell’Economia, Vegas, che aveva evidenziato però il «curioso epilogo» di un Pd che auspica la rapida approvazione di una legge «pur ritenendola sbagliata».In serata, poi, le tappe stabilite nella riunione fra Napolitano, Schifani e Fini hanno profondamente scontentato Bersani, che negli stessi istanti stava completando il suo giro d’incontri con i vertici di sindacati e imprese (c’erano tutti, da Marcegaglia a Camusso, Bonanni e Angeletti). Per il segretario si è scelta invece una soluzione che lascia il Paese «totalmente ingovernato, non riesco a capire come si pensi di prolungare la situazione».