«Dicono che ho una certa età... Ma devo andare avanti, perché un successore ancora non ce l’ho». Ad una cena di partito in Emilia Romagna, il premier Silvio Berlusconi fa piazza pulita di ogni ipotesi di dimissioni o di crisi pilotata. E, ancora una volta, ribadisce: «Avremo la fiducia alla Camera e al Senato per continuare a governare e a fare le altre riforme che abbiamo in cantiere, a partire dalla riforma della giustizia». Chiusura netta anche alla possibilità di riformare la legge elettorale. «Cambiarla – spiega – sarebbe un grave danno. Chi vuole farlo mira ad essere l’ago della bilancia, ma questo è un ritorno alla prima Repubblica». Nuove accuse per Casini e Fini:«Ci sono dei piccoli partiti che vogliono aprire la crisi in modo irresponsabile e consegnare il Paese in mano alla sinistra. C’è chi ha tradito il mandato degli elettori e ora tradisce se stesso perché solo pochi mesi fa aveva votato la fiducia al governo». Invece, «tutti i moderati italiani dovrebbero unirsi per evitare che il Paese vada nelle mani di chi vuole aprire le porte agli immigrati e aumentare le tasse».La lite nel centrodestra diventa un caso di scuola. Gianfranco Fini non nomina Silvio Berlusconi davanti alla platea di ragazzi che l’ascolta, al liceo romano Orazio, ma non si capisce bene chi si riferisca quando dice che «se qualcuno fosse più umile e pensasse di aver torto lui, invece di invocare sempre il complotto, se qualcuno dicesse che alcuni impegni non sono stati mantenuti, le cose sarebbero migliori». Era stata una consigliera circoscrizionale del Pdl a rivolgergli, fuori programma, una domanda insidiosa sui ribaltoni politici. Il presidente della Camera capisce l’antifona e non le manda a dire: «Il ribaltone è un sovvertimento della volontà popolare. Non credo che ci saranno ribaltoni», assicura, ma "ribalta" la domanda: «Cosa ne pensa lei di tante promesse non mantenute e di impegni disattesi da chi aveva promesso che la legge sarebbe stata uguale per tutti e poi si è occupato solo degli affari suoi?». E va giù duro anche con l’interlocutrice: «C’è un momento in cui mi guardo allo specchio la mattina e mi dico che c’è un limite oltre il quale non si può andare, pena la dignità. Forse lei non ce l’ha, ma è un problema suo».Una giornata che scava un fossato ancor più profondo fra il Pdl e Berlusconi, dal un lato, e il polo di responsabilità, o "non-polo" visto che l’espressione terzo polo non piace nemmeno ai diretti interessati. Duro oltre gli standard abituali anche Pier Ferdinando Casini, che replica all’accusa di «vecchi maneggioni» usata dal premier. «Se siamo vecchi noi, ed è vero - dice il leader dell’Udc -, lui allora è catacombale. Noi - aggiunge - siamo vecchi ma non vogliamo una poltrona. Lui è più vecchio e vuole rimanerci sopra». Si unisce alle parole di Fini: «Ha ragione, il ribaltone è la volontà di escludere qualcuno. Qui nessuno vuole escludere nessun altro. Tutt’al più, è lui che si autoesclude». E difende l’idea di «un governo di responsabilità», che «è una cosa diversa, è l’idea, in un momento di difficoltà per il Paese, di ampliare e rafforzare le convergenze possibili». Poi il tono di Casini, nei confronti di Berlusconi, si fa ancora più sprezzante, a un convegno sull’immigrazione al Policlinico Gemelli: «Troviamo un giovane assieme, lo indichi lui, e diamo finalmente a questo Paese un governo più giovane. Non abbiamo bisogno di posti. Se lui non continua con pervicacia a difendere la necessità di rimanere lì, facciamo una bella intesa e un bel governo, con giovani bravi e volenterosi».«Ci dispiace per Casini, ma ha perso il controllo delle parole», replica uno come Fabrizio Cicchitto, sino a qualche giorno fra i più convinti assertori dell’allargamento ai centristi. «C’è una situazione in grande movimento: questo lungo ciclo di Berlusconi volge al termine», chiosa il terzo azionista del "non polo", Francesco Rutelli.Più tardi tocca a Lorenzo Cesa sancire che, al di là degli eccessi verbali, qualcosa si è guastato davvero anche nei rapporti interpersonali, che erano stati sempre positivi fra Berlusconi e il vertice dell’Udc: «Eravamo disponibili a dialogare su un Berlusconi bis fino a ieri, ma purtroppo il premier continua ad utilizzare una politica dell’insulto cui non ci va neppure di rispondere», dice da Torino il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. E rilancia sulla necessità di «un governo nuovo, di solidarietà nazionale, che in prima istanza cambi la legge elettorale». Prova a tenere aperta l’ipotesi, invece, Italo Bocchino: «Berlusconi - dice - dovrebbe dimettersi prima del 14 dicembre, andare al Colle, così da ottenere il reincarico, poi dovrebbe allargare la maggioranza a Fli e Udc, predisporre una nuova agenda e così il governo durerebbe fino al 2013». Ma, a
Porta a Porta, Ignazio La Russa nega l’ipotesi cui non crede fino in fondo, forse, neppure chi l’ha formulata.