martedì 30 agosto 2011
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«Avevo chiesto un’altra manovra, una capace di spazzare via i troppi segnali depressivi. Beh, un’altra manovra è arrivata. Questa mi convince, questa cancella quell’odiosa tassa di solidarietà che mi aveva quasi tolto il sonno...». Silvio Berlusconi sospira e riparte senza cambiare tono di voce. «Potevamo fare tutto, ma non colpire le famiglie. Non mettere in maniera così sfacciata le mani nelle tasche degli italiani. Farlo avrebbe significato camminare a grandi passi verso un’inevitabile sconfitta alle prossime elezioni». L’ennesima pausa precede l’ennesimo affondo: «E io nel 2013 voglio rivincere». È già notte quando il presidente del Consiglio tira le somme e riassume con pochi messaggi flash il vertice fiume: sette ore. Tremonti? «Giulio ha dimostrato responsabilità. Ha preso atto che ora c’è un Pdl e l’ha ascoltato. Doveva ascoltarlo». La Lega? «L’asse tiene. La loro determinazione per ridurre i tagli agli Enti locali è stata decisiva». Le opposizioni? «Vogliamo il confronto nelle sedi parlamentari. Certo gli emendamenti sono tanti e sarà complicato evitare la fiducia». Forse si respira un ottimismo esagerato. È vero, l’accordo politico c’è ma manca – ripetono sottovoce ai piani alti del Tesoro e di palazzo Chigi – una definizione a livello tecnico. Insomma, per il mantenimento dei saldi (servono a no ancora 4 miliardi?) potrebbe esserci bisogno di un lavoro finale. C’è insomma un problema di risorse che Berlusconi preferisce schivare. E che anche la Lega decide di risolvere in silenzio. Umberto Bossi lascia il vertice da un’uscita secondaria. Poco prima, questa volta lasciando villa San Martino dall’ingresso principale, Roberto Calderoli, aveva dribblato le domande dei cronisti limitandosi a un segno "ok" con la mano destra. Ma dopo aveva messo nero su bianco il sì di un Carroccio dove sembra imporsi la linea Maroni, da sempre disponibile a un intervento sulla previdenza e deciso a ridurre i sacrifici per gli enti locali. «Ai mercati inviamo un messaggio chiaro: i saldi restano invariati e i termini saranno rispettati», ripete il ministro della Semplificazione. Non basta. Calderoli va dritto: «I miglioramenti sono stati raggiunti all’unanimità. Poi, per la prima volta, qualcuno dimostra di fare sul serio contro l’evasione colpendo le società di comodo». Si attendeva la bufera e invece c’è un’intesa almeno politica. Giulio Tremonti spiega con quattro parole la sua soddisfazione: «È andata molto bene». Perchè salta (almeno per ora) il ritocco all’Iva. Perchè «viene mantenuto del rigore dei tagli». E poi perchè la lotta all’evasione fiscale «non solo viene confermata, ma potenziata con il coinvolgimento dei comuni». Oggi però non è Tremonti il vincitore. La linea che si impone è quella di Alfano-Maroni: Pdl e Lega avevano chiuso un accordo e il ministro dell’Economia ha dovuto prenderne atto. Nessuno però cerca la polemica, oggi si guarda avanti con fiducia. Oggi il premier scommette su una maggioranza e su un governo capaci di chiudere la legislatura. Gasparri dopo una sveglia all’alba e sette ore di vertice è stanco, ma fiducioso: «Il Pdl ha dimostrato maturità, capacità propositiva e grande senso di responsabilità». Non ci sono i soliti no, i soliti distinguo, le solite polemiche. E quando è notte Silvio Berlusconi parla quasi in uno stato di eccitazione. «Ho l’età della saggezza, sapevo che sarei riuscito a mettere ancora una volta tutti d’accordo», ripete a voce bassa. Poi torna a sottolineare quello che considera il vero suo risultato: aver «spazzato via» il contributo di solidarietà. «Resta solo per i parlamentari e così ho reso la manovra più equa. Sì, sono certo di aver dato un segnale inequivocabili in sintonia con quanto ci chiedeva la nostra gente», continua a ripetere in mille telefonate private. E ora: «Ora avanti. Dimezzeremo i parlamentari, elimineremo tutte le province. Erano punti fermi del Pdl e tutti hanno capito». E dietro quel tutti c’è anche l’ultimo messaggio al ministro dell’Economia e all’alleato del Nord.
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