martedì 2 giugno 2009
Il premier annuncia: «Credo che non ci sia più bisogno di un mio intervento in Parlamento... Di queste vicende ne hanno parlato tanto gli altri». E attacca l’opposizione.
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«Ho già chiarito tutto: le veline non vero, le mi­norenni assoluta­mente non vero, Mills assolutamen­te non vero...». È ancora mattina quando Silvio Berlusconi dai mi­crofoni di Radiodue manda in onda una difesa che, minuto dopo minu­to, assomiglia sempre di più a un at­to d’accusa. «Tutte calunnie pure che si ritorceranno contro chi le ha agi­tate... », va avanti a testa bassa il pre­mier. Dieci ore più tardi il capo del governo lascia il Quirinale dove ha partecipato al ricevimento per la fe­sta della Repubblica e 'regala' ai tac­cuini dei cronisti un ulteriore parti­colare sul caso Noemi: «Ora non cre­do che ci sia più bisogno di un mio intervento in Parlamento». Una pau­sa precede la spiegazione della sua scelta. «Vedete – dice rivolto ai cro­nisti – di queste vicende ne hanno parlato tanto gli altri». Per l’intera giornata Berlusconi pas­sa da uno studio radiofonico a uno televisivo. Le interviste si accavalla­no e il j’accuse del premier è sempre più duro. «Oramai la carta dei valo- ri della sinistra è diventata Novella 2000 », attacca il premier che con l’occhio puntato al voto di questo fi­ne settimana azzarda una previsio­ne: «Sarà la prima e ultima volta per­chè i risultati elettorali sanciranno una terribile sconfitta di questa si­nistra che ha sostituito il programma che non ha con le calunnie...». Quan­do è quasi sera Berlusconi arriva al Quirinale. Qualcuno lo applaude, qualcun altro lo contesta. Le do­manda arrivano comunque inevita­bili. Sul caso Mills prima delle altre. «Una cosa indegna, vergognosa... So­no vicino a scoppiare», ripete il pre­sidente del Consiglio. E, intanto, il sottosegretario Francesco Giro, da sempre ascoltato collaboratore del premier, azzarda un’ipotesi: «Di fronte al dilagare di que­sta operazione di demo­nizzazione di Berlusco­ni incomincio a chieder­mi se non sia davvero opportuno andare al vo­to anticipato per lascia­re finalmente agli italia­ni l’ultima decisione». Non c’è comunque ten­sione nel ricevimento al Colle. Berlusconi attraversa le sale del Quirinale a breve distanza dal presidente della Repubblica. Dietro di loro c’è Gianni Letta. I minuti sci­volano leggeri: strette di mano, sa­luti, e una 'confessione' sullo stato di salute: «Un fastidiosissimo dolo­re al collo non mi lascia in pace da troppi giorni». Intanto sulle agenzie è Umberto Bossi ad affondare il col­po contro le toghe: «Mi auguro di non dover avere a che fare con i ma­gistrati che sono una brutta razza». E il caso Noemi? La linea di Bossi è identica a quella del premier. «È tut­ta una montatura: sembra una cosa inventata, pompata ad arte... Spiace solo che rovina la famiglia. La poli­tica si fa con cose serie non con le stupidate inventate sui giornali. Non credo a una parola». Parla Bossi, ma parla anche Berlusconi. Confer­mando che il 15 giugno a Washing­ton avrà «un incontro di lavoro» con il presidente degli Stati Uniti. Spie­gando che sarebbe «un voto non u­tile » quello dato alle europee ai pic­coli partiti, che difficilmente rag­giungeranno la soglia del 4 per cen­to e quello attribuito al Pd che in Eu­ropa «è un pesce fuor d’acqua». L’ul­tima riflessione è sulla crisi econo­mica. «Sono d’accordo con chi dice che la crisi sta avviandosi ad essere meno grave. Noi abbiamo fatto tut­to ciò che un governo poteva fare, l’abbiamo fatto meglio e prima de­gli altri governi europei. Ora – av­verte intervistato dal Tg2 – sta agli i­taliani di avere fiducia, e di non far­si spaventare, di non avere paura del­la paura». E poi – rivela il premier nell’ennesima intervista del giorno – «tutti dobbiamo darci una mano sa­pendo che di questa crisi non è mor­to e non morirà nessuno, e che c’è un governo vicino a chi ha bisogno. Dobbiamo guardare al futuro con volontà ed ottimismo E con ottimi­smo, perchè senza ottimismo non si va da nessuna parte».
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