venerdì 11 febbraio 2011
Nell'incontro di venerdì con Berlusconi, il presidente della Repubblica «ha insistito sui motivi di preoccupazione, che debbono essere comuni, sull'asprezza raggiunta dai contrasti istituzionali e politici, e sulla necessità di un sforzo di contenimento delle attuali tensioni in assenza del quale sarebbe a rischio la stessa continuità della legislatura». È quanto si legge in una nota diffusa sabato dal Quirinale.
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Nell'incontro di venerdì con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il presidente della Repubblica «ha insistito su motivi di preoccupazione, che debbono essere comuni, sull'asprezza raggiunta dai contrasti istituzionali e politici, e sulla necessità di un sforzo di contenimento delle attuali tensioni in assenza del quale sarebbe a rischio la stessa continuità della legislatura». È quanto si legge in una nota diffusa dal Quirinale.In merito alla "temperatura" del colloquio avvenuto ieri tra Napolitano e Berlusconi, il Quirinale - smentendo alcune ricostruzioni di stampa definite fantasiose - conferma che l'incontro "ha in effetti visto il serio confronto tra rispettivi punti di vista e argomenti".La nota del Quirinale smentisce anche che nell'incontro di ieri Berlusconi abbia evocato mobilitazioni e reazioni di piazza, come invece è stato affermato da diversi organi di stampa."Di un incontro istituzionale ovviamente riservato come quello tra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio, svoltosi ieri pomeriggio al Quirinale, sono state date sulla stampa - questo il testo della nota- legittime libere interpretazioni e in qualche caso anche ricostruzioni fantasiose perfino con frasi virgolettate in effetti mai pronunciate da nessuno dei due interlocutori".NAPOLITANO RICEVE IL PREMIER: BASTA STRAPPIUn faccia a faccia franco, a volte teso, nel quale ognuno dei due protagonisti – da un lato il capo dello Stato Giorgio Napolitano, dall’altro il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi – hanno ribadito con chiarezza il proprio punto di vista su giustizia e riforme. Non necessariamente collidente. L’incontro di ieri sera, avvenuto al Quirinale dopo una serie di frizioni (dal decreto sul federalismo municipale, non firmato da Napolitano, alle voci di una riforma delle intercettazioni per mezzo di decreto), non è servito certo ad appianare le diversità di vedute sulla magistratura e il suo ruolo. Napolitano, in buona sostanza, ha ribadito al premier che l’ordinamento giudiziario, con tutti i ricorsi e i vari gradi previsti, consente di difendersi, anche da accuse infamanti. Mentre per il premier ci sono troppe lacune, troppi problemi che vanno appianate e risolte. Il colloquio è iniziato con un lungo e appassionato sfogo di Berlusconi. «È da quando sono sceso in politica – ha detto – che sono perseguitato da una parte della magistratura», senza successo. E anche nel caso Ruby, ha aggiunto, finirà tutto in una bolla di sapone. La spallata dei giudici non ci sarà, anche perché «il governo ha i numeri per continuare». Ad Arcore, ha tenuto a precisare, «ci sono state cene e non altro». Niente di «poco commendevole», anche per la presenza di «numerosi ospiti», davanti ai quali nessuno si sarebbe potuto permettere comportamenti indecorosi. Napolitano lo ha ascoltato. E, intanto, gli ha detto di non condividere affatto le accuse alla Corte Costituzionale, citando numerosi casi che dimostrano la sua imparzialità. Poi ha ribadito: la Costituzione, le leggi italiane, l’ordinamento consentono a tutti gli imputati di difendersi dalle accuse, rimandando esplicitamente a quanto aveva dichiarato poche ore prima, ricevendo una delegazione del Csm e rispondendo alle preoccupazioni espresse dal vicepresidente Vietti: «Nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo. Fuori di questo quadro, ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verità e di giustizia». Berlusconi, a questo punto, ha cominciato a scuotere la testa, parlando della necessità di procedere, per via legislativa, a riformare alcune parti dell’ordinamento giudiziario, che a suo giudizio consente invece strappi e violazioni.Il presidente della Repubblica è stato poi molto franco: il clima nel Paese è teso, lo scontro istituzionale è arrivato a livello di guardia. E lo stesso Berlusconi, con le sue dichiarazioni e i suoi interventi mediatici, non contribuisce certo a raffreddarlo. Il clima di scontro, alimentato anche dal premier, ha detto ancora Napolitano, è controproducente: non aiuta l’azione di governo, che dovrebbe concentrarsi sui grandi problemi dell’economia e dello sviluppo. In vista anche di scadenze europee di non poco conto.Berlusconi è rimasto sulle sue opinioni: e al capo dello Stato ha offerto soltanto la promessa che per la riforma della Giustizia si atterrà scrupolosamente alle regole scritte e non scritte di correttezza istituzionale, specie nei confronti del Quirinale. Troppo poco per parlare di ritrovata concordia tra le due altissime cariche. Giovanni Grasso
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