lunedì 19 aprile 2010
Giorni importanti per il futuro del Pdl. Si comincia martedi con la riunione degli ex aennini e si va avanti fino alla direzione del Pdl in programma per giovedì a Roma. In quel contesto il presidente della Camera dirà, pubblicamente, quello che non va nel partito.
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Settimana cruciale per capire se il rapporto tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi in merito al futuro del Pdl potrà considerarsi archiviato definitivamente o se, alla fine, potrà essere ricondotto sui binari di una convivenza meno burrascosa di quella odierna. Si comincia martedi con la riunione degli ex aennini e si va avanti fino alla direzione del Pdl in programma per giovedì a Roma. In quel contesto il presidente della Camera dirà, pubblicamente, quello che non va nel Pdl. Affronterà i nodi della democrazia interna e del rapporto con la Lega. Ad ascoltarlo ci sarà anche Silvio Berlusconi. Nel frattempo le acque dentro il partito restano agitate. Ai lati gli opposti schieramenti, nel mezzo i "pontieri" impegnati in una difficile mediazione. La riunione di domani. Con una riunione nella quale le posizioni oscillano tra l'uscita dal Pdl o la costituzione di una minoranza interna. Un incontro che trova freddo Ignazio La Russa. «Fini ha invitato alcuni parlamentari di An a parlare con lui e mi pare il minimo che potesse fare. Non è una riunione di ex An e neppure di finiani - dice il ministro della Difesa - ma è un incontro informale di alcune persone che Fini ha invitato e fra queste per esempio non c'è Alemanno e nemmeno Matteoli e nemmeno io ci sarò. Non c'è nessuna ipotesi di scissione e sanno tutti quale è la mia posizione. Io sono un uomo del Pdl e penso che questa strada una volta imboccata vada portata avanti». Oggi 18 ex parlamentari di An del Nord Ovest, su un totale di 22, hanno firmato a Milano, proprio negli uffici del coordinatore nazionale del Pdl, un documento in cui si impegnano a «restare all'interno del partito». Le ipotesi. Scissione e gruppi parlamentari autonomi. È questa la prospettiva che Berlusconi non vuole. Preoccupato che si possa aprire la strada ad una sorta di "balcanizzazione" della maggioranza. Ma la minaccia resta sul tavolo. «La situazione non si è ancora ricucita ma non è compromessa - dice il finiano Fabio Granata -. Rischio scissione? I numeri si vedranno domani. Quel che è certo è che non confermiamo di fronte alla scomunica o alla minaccia». Si apre così la ridda di ipotesi sugli scenari futuri del centrodestra. Il vice presidente dei deputati del Pdl, Carmelo Briguglio, sul sito di Generazione Italia, non vede come un "dramma" una divisione: «Al posto del partito unico, due partiti di centrodestra, con profilo diseguale e proprie specificità, legati da un rapporto di coalizione, dall'alleanza di governo, dal programma comune votato dagli elettori». Una scissione "morbida" che le parole di Maurizio Gasparri, un tempo fedelissimo di Fini e ormai in rotta di collisione, spazzano via: «Gli italiani ci chiedono di governare, non di scatenare risse. Se si rompe il patto con gli elettori si va di nuovo a votare.La gente chiede il bipolarismo e non la frammentazione, il nuovo partito è un errore». Bossi. Intanto fa sentire la sua voce anche Umberto Bossi: «Noi della Lega abbiamo un sacco di voti. Senza di noi, sono deboli. Fini sa fare i conti e quindi sa che ha bisogno della Lega. Sa che fuori dalla coalizione di governo non ha alcun posto».
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