lunedì 13 giugno 2011
Il premier fa buon viso a cattivo gioco: "accogliere pienamente il responso dei quattro referendum". Calderoli della Lega parla di seconda sberla in due giorni e manda un segnale al Governo: «Andremo a Pontida per dire quello che Berlusconi dovrà portare in aula il 22 giugno».
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I più decisi sono Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola. Il segretario del Pd non ha esitazioni nell'interpretare il voto referendario e a pronunciare subito la parola chiave: "Dimissioni". Il leader di Sel si affida al fascino della sua narrazione ma la sostanza è la stessa: "Liberino il campo". Non tutta l'opposizione è così esplicita, ma comunque il governo è nel mirino dopo l'esito senza ombre delle urne. E anche se, a sorpresa, Antonio Di Pietro frena sulla richiesta di dimissioni, gli occhi sono puntati tutti palazzo Chigi anche perchè la Lega non sembra orientata a fare sconti: "Basta sberle".La risposta di Silvio Berlusconi non si è fatta attendere, ed è tutta orientata all'impegno programmatico del governo per "accogliere pienamente il responso dei quattro referendum". Quindi, l'esatto contrario di una ipotesi di passare la mano. "L'alta affluenza nei referendum dimostra una volontà di partecipazione dei cittadini alle decisioni sul nostro futuro che non può essere ignorata", ha spiegato il presidente del Consiglio. "Anche a quanti ritengono che il referendum non sia lo strumento più idoneo per affrontare questioni complesse, appare chiaro che la volontà degli italiani è netta su tutti i temi della consultazione - ha aggiunto -. Il governo e il Parlamento hanno ora il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum". È Angelino Alfano, per il Pdl, a esplicitare ancora di più la posizione del premier: "La percentuale raggiunta dai quesiti referendari rende evidente che essa è andata molto aldilà della forza elettorale della sinistra ed ha avuto il voto di milioni di elettori del centro-destra che hanno inteso esprimere la loro opinione sui temi referendari e di certo non danneggiare il governo - ha detto il segretario del Pdl in pectore -. Per cui da tutto ciò non si può trarre certamente le conseguenze del tutto improprie di cuiparla l'onorevole Bersani".Nella maggioranza il confronto è però aperto, almeno a sentire un Roberto Calderoli perentorio: "Alle amministrative due settimane fa abbiamo preso la prima sberla, ora con il referendum è arrivata la seconda sberla e non vorrei che quella di prendere sberle diventasse un'abitudine -ha detto il ministro della Semplificazione-. Per questo domenica andremo a Pontida per dire quello che Berlusconi dovrà portare in aula il 22 giugno , visto che vorremmo evitare che, in quanto a sberle, si concretizzi il proverbio per cui non c'è il due senza il tre".Dall'altra parte è stato Bersani il primo a mostrare decisione subito dopo la chiusura delle urne: "Si dimettano e passino la mano al Quirinale", il centrodestra deve "assumersi la responsabilità" di fronte alle richieste di cambiamento che arrivano dagli italiani. Secondo il leader 'dem', il voto referendaraio "è stato un referendum sul divorzio: il divorzio tra questo governo e il Paese. Questo voto dice che il governo è su una strada diversa da quella su cui viaggia il Paese. Il governo vive su un altro emisfero".I toni di Vendola non sono diversi: "Liberino il campo e consentano, attraverso elezioni anticipate, all'Italia di respirare. Oggi il Paese non ne può più", ha detto il leader di Sel. Ma la linea dell'opposizione non è perfettamente sovrapponibile. A sopresa è Antonio Di Pietro a rintuzzare l'entusiamo di Bersani e Vendola. "Noi da tempi non sospetti chiediamo le dimissioni di Silvio Berlusconi perchè pensiamo che ia sceso in politica per motivi personali e non per il bene del Paese. Ma chiedere le dimissioni del suo esecutivo sulla base del risultato di questo referendum significafare una strumentalizzazione", ha detto il leader di Idv.L'analisi di Di Pietro è conseguente: "Se è vero che a votare sono andati in tanti, vuol dire che hanno votato sui quesiti referendari molti elettori anche di centrodestra e lo hanno fatto su temi concreti, specifici: per questo, per rispetto del loro voto, non posso dire che il governo deve dimettersi a causa del risultato del referendum. D'altronde se dovessero andare a casa tutti coloro che non hanno creduto ai referendum per i quali noi abbiamo chiesto le firme, il palazzo resterebbe vuoto".Anche nel Terzo Polo c'è chi parla esplicitamente, come Bocchino, di "dimissioni". L'interpretazione del voto, al termine di un riunione tra Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli, è stata affidata ad una nota congiunta: "Il sì ai referendum è un no grande come una casa a questo governo. È tempo che Berlusconi ne prenda atto. Minimizzare, come ha fatto dopo le amministrative, sarebbe irresponsabile e dannoso per gli interessi nazionali".Casini, più tardi, parlando delle dimissioni di Berlusconi ha spiegato: "Non chiedo le cose alle persone che so che non le fanno, so benissimo che Berlusconi non si dimette, non ci pensa nemmeno a ritirarsi nemmeno la volta prossima. Se lui facesse un passo indietro dovrebbe ristrutturare e destrutturare tutto quello che ha fatto".Per il leader Udc, "serve un nuovo governo, ma ho molta sfiducia che si possa realizzare questo passaggio in questa legislatura. Perciò prima si va alle elezioni e meglio è". Casini ha confermato il progetto di "un nuovo governo di responsabilità nazionale, ma non credo si possa realizzare in questa legislatura".Secondo Italo Bocchino, "il risultato dei referendum parla chiaro e rappresenta una ulteriore e sonora bocciatura di Berlusconi. Il governo dovrebbe dare dimissioni utili a chiarire il quadro politico. Ha vinto la partecipazione libera dei cittadini contro l'arroganza di un governo che vuol tirare a campare grazie agli Scilipoti di turno. Gli italiani non hanno gradito l'autoribaltone messo in campo da Berlusconi e stanno dimostrando che ormai l'asse Pdl-Lega è minoritario nel Paese".
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