Dialogo. È la parola che più volte è risuonata martedì sera nell’affollatissima chiesa di San Paolo Apostolo al Parco Verde, la parrocchia di don Maurizio Patriciello. Dialogo tra uomo e Creato, dialogo tra cittadini e istituzioni. «Questa sera è stata una scuola di democrazia», è il commento finale di monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa e vicepresidente della Cei. Serata ricca nel dialogo tra il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio e il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, invitati da don Maurizio a parlare dell’Enciclica di Papa Francesco
Laudato si’. Ma come prevedibile alla fine si parla molto del dramma della “terra dei fuochi”, ed è quello che si aspettavano le centinaia di parrocchiani e cittadini. Ed è quello che subito dice il nostro direttore che «emozionato» ricorda «quel giorno di luglio di tre anni fa quando decisi di pubblicare l’editoriale di padre Maurizio così intriso di dolore e speranza» che poi ha dato il via alla lunga campagna di
Avvenire, «una delle più belle avventure della mia vita giornalistica». E il ministro non si tira indietro. «Io mi sento responsabile di quello che ho fatto in questo anno e di quello che farò. Ma anche di quello che non è stato fatto prima di me. E così mi sento responsabile di quello che faremo per risolvere il vostro dramma». È il momento di allargare la riflessione. Tarquinio sottolinea come, «diversamente da un tempo la bellezza ora sia per pochi, in pochi quartieri». E lo sa bene chi vive tra discariche e roghi tossici. Galletti rilancia le parole dell’Enciclica, «per un’economia circolare, con meno rifiuti, meno consumi di energia, meno emissioni di CO2. Vorrei essere il ministro che comincia a cambiare la cultura di questo Paese». Ricorda la prossima Conferenza mondiale sul clima a Parigi. «Questa è l’ultima chiamata, altre non ne abbiamo». «Ma sarà accordo vero?», lo incalza il direttore. «Ci vuole la responsabilità di tutti i Paesi, soprattutto quelli più industrializzati», replica Galletti, sottolineando l’impegno italiano col prossimo “green act”. «Magari usiamo più l’italiano e chiamiamolo “atto verde”», è l’invito scherzoso di Tarquinio. Ma subito è ancora dramma che incombe. Così il direttore ricorda le perizie che dicono come in alcune aree della “terra dei fuochi” i veleni arriveranno nella falda più profonda tra 40 anni e sarà disastro. Ed è un drammatico applauso di consenso. «Gli effetti di quello che facciamo – insiste – non sono solo ora e qui. Ogni scelta di sistema influisce sulla vita». E padre Maurizio ancora una volta si fa voce del “popolo inquinato”. «Passano gli anni e i nostri problemi non vengono risolti. Noi oltre a respirare come tutti gli italiani i veleni delle auto, respiriamo anche altri veleni. Qui si muore e non per stili di vita sbagliati, come dice il ministro della salute Lorenzin. Noi vogliamo un osservatorio epidemiologico per la nostra terra». Ed è l’applauso più fragoroso e lungo. Anche su questo il ministro dialoga. «Qui per oltre 30 anni sono stati seppelliti gran parte dei rifiuti della produzione industriale italiana». Ma rivendica alcuni risultati raggiunti: dopo 21 anni la legge sugli ecoreati («Un atto di civiltà ma non è stato facile, c’è una ragione se ha aspettato tanto...»); la caratterizzazione dei terreni agricoli («Oggi possiamo dire che i prodotti di questa terra sono buoni»); 60 milioni per le bonifiche, «ma ci vorrà tempo anche per evitare infiltrazioni della camorra, per questo ho chiesto la collaborazione di Cantone». «Il prossimo anno – è l’impegno – verrò a relazionarvi su quello che avremo fatto». Tocca al vescovo la sintesi dell’intenso incontro. «Dobbiamo continuare a coltivare il dialogo con le istituzioni. Con un rapporto autentico di responsabilità e partecipazione. Perché ai problemi si risponde tutti insieme». E «come ci dice il Papa non tutto dipende dai soldi che mettiamo in campo, ma dalla consapevolezza di cosa debba essere la società, il bene comune». È, dunque, «il modo di vivere che ci porta a maltrattare l’ambiente». Spinillo parla alla sua terra, terra di camorra. «La criminalità organizzata non è solo prepotenza ma modo di pensare che nega tutto ciò che é umanità e per questo si mette al servizio di chi smaltisce illegalmente, in un far west di imposizione». E allora, conclude, «la bellezza del Creato che siamo chiamati a difendere anche come istituzioni, dipende da noi, quando non siamo in dialogo col Creato e vogliamo dominare e consumare».