giovedì 13 ottobre 2011
​Bimba italiana rapita in Brianza dal papà tunisino. La mamma: aiutatemi. Il Tribunale di Milano aveva affidato la minore alla mamma e ha poi tolto la patria potestà al 35enne nordafricano. Il 20 ottobre, in Tunisia, un giudice deciderà il futuro della bambina.
COMMENTA E CONDIVIDI
Marzia Tolomeo è disperata. Da 4 mesi non vede e non sente più la sua bambina, Martina, di appena due anni e mezzo. Il suo convivente, Hassan Abdeljeli, 35 anni, tunisino, immigrato irregolare in Italia dal 2004, gliel’ha strappata con la forza.È successo a fine maggio. Il Tribunale dei minori di Milano, al quale la donna trentunenne si rivolge proprio per evitare che il convivente, minaccioso e violento, faccia del male alla piccola, stabilisce che l’uomo può vedere Martina due volte alla settimana e a domeniche alterne. Hassan, nei primi tempi, rispetta l’obbligo. O meglio, fa buon viso a cattivo gioco. Il 29 maggio scorso dice a Marzia: «Faccio una gita con la bimba sul lago di Garda e in serata l’accompagno a casa». Quella sera Martina non rientra. Preoccupata, Marzia chiama Hassan, che la gela: «Siamo a casa mia, a El Fahs, in Tunisia; voglio che mia figlia stia un po’ con la nonna». Da quel momento Marzia perde ogni contatto con Martina.Marzia e Hassan si conoscono a Giussano, in provincia di Monza, nel 2008. I due si frequentano assiduamente e lei, dopo qualche mese, rimane incinta. Da quel momento Hassan chiede alla compagna di abbandonare il posto di lavoro, di smettere di truccarsi, di non seguire le “mode occidentali”. Diventa irascibile. Nonostante questo, Marzia commette quello che, più tardi, definirà «un grave errore»: consente al convivente di dare il suo cognome alla figlia permettendo così ad Hassan di ottenere un permesso di soggiorno in Italia. All’uomo non basta: grazie alla disponibilità del consolato tunisino, fa inserire il nome della figlia sul suo passaporto, aggirando in questo modo il divieto di espatrio. Ora il suo disegno si può compiere: Hassan porta la bambina nel suo Paese.L’ultimo capitolo del “capolavoro diplomatico” del tunisino si consuma due settimane fa, quando un tribunale del Paese nordafricano gli concede l’affidamento della bimba italiana. «E certo! Cosa avrebbe dovuto fare il tribunale se la controparte era assente?», si chiede Souad Sbai, deputato del Pdl, di origine marocchina. «E per controparte non intendo certo la povera mamma di Martina che, a causa di questa vicenda, è anche in precarie condizioni di salute; mi riferisco invece alle autorità diplomatiche italiane. Dov’era l’ambasciatore italiano? Dove le altre autorità consolari del nostro Paese? Non rientra forse tra i loro compiti quello di difendere una cittadina italiana - a maggior ragione una bambina - vittima di un sequestro di persona?».E non può certo bastare, secondo Sbai, il fatto che la Tunisia rientri tra gli stati che non hanno firmato la Convenzione dell’Aja del 1980 sulla sottrazione dei minori: «Questo conta relativamente – incalza la parlamentare –; qui è stata calpestata una disposizione del Tribunale dei minori di Milano e in soli 10 minuti, in Tunisia, è stata emessa una sentenza di affidamento ingiusta nei confronti di una bimba che il papà vuol far vivere  secondo dettami islamici. Che ne è di Martina? Dove vive? Con chi? Chi la sta educando? È sola, totalmente indifesa e in balia di personaggi che hanno mostrato di infischiarsene delle nostre leggi». L’onorevole Sbai, che ha interessato della questione il governo ma che non ha ottenuto risposta alle sue istanze, ha presentato 8 giorni fa un’interrogazione urgente, firmata da altri 11 parlamentari bipartisan, per chiedere la rimozione dell’ambasciatore italiano a Tunisi.La vicenda, anche se di difficile soluzione, non è chiusa. E può correre ora anche sui binari della mediazione politica. Il 20 ottobre infatti, in Tunisia, è in programma l’udienza di appello per l’affidamento di Martina (per l’occasione sarà presente una delegazione di donne italiane). Un’udienza che non appare scontata, visto che arriva pochi giorni dopo l’ultima decisione del Tribunale di Milano: la revoca cioè della patria potestà al padre di Martina. Non è questa una decisione che peserà dal punto di vista strettamente giudiziario.Ma politicamente può valere molto. «Ora l’ambasciata italiana non ha più scuse – incalza Sbai –; si presenti all’udienza con i legali e, anche sulla scorta della decisione del Tribunale italiano, riporti immediatamente a casa la piccola Martina. Sino a questo momento ho avuto l’impressione che qualcuno non abbia capito che la sola priorità è riportare la bambina italiana a casa e non accondiscendere a testa molto bassa un oscurantismo che avanza e aggredisce i diritti di donne e bambini, violando in pieno anche il diritto islamico».Intanto Marzia, che oggi abita con un nuovo compagno, italiano, e che aspetta la seconda figlia, dopo aver ricevuto la solidarietà via web da migliaia di persone, lancia un appello alle autorità italiane dal sito acmid-donna.it (sottoscrivibile da tutti): «Aiutatemi! Perché mettere una benda sugli occhi quando c’è di mezzo una piccola creatura che non ha scelto tutto questo? Aiutatemi a far tornare Martina a casa!».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: