È un vero e proprio "uno-due" quello inferto dalla procura di Reggio Calabria agli affari della ’ndrangheta sulle scommesse. Dopo i 41 arresti e il megasequestro di beni per due miliardi di euro dello scorso 22 luglio, l’operazione
Gambling fa il bis. Ieri, infatti, gli uomini dei Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, della Squadra Mobile della Polizia di Stato e della Dia di Reggio Calabria unitamente allo Scico e al Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche di Roma della Gdf hanno effettuato un’imponente operazione, sotto il coordinamento della Dda di Reggio Calabria, che ha portato al sequestro di 21 società e trust, 3 partecipazioni societarie, 31 siti nazionali e internazionali di
gambling online, 36 immobili, 15 tra autovetture e motocicli nonché di ingenti disponibilità finanziarie all’estero, il tutto per un valore di circa 25 milioni di euro. Sequestri eseguiti in Calabria, Lazio, Sicilia e Veneto (in particolare a Belluno, Catanzaro, Cosenza, Enna, Reggio Calabria e Venezia) e poi all’estero: Malta, Romania, Spagna, Panama e nelle Antille Olandesi. «È la conferma dell’ampiezza del fenomeno e della sua articolazione, sia territoriale che quantitativa» spiega il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. Che ancora una volta fa una precisa accusa: «È un affare illegale troppo facilmente realizzabile. Davvero troppo facile. A questo punto bisognerebbe verificare se questi meccanismi rientrano nella normativa. Lo prevedevano? Cosa è stato fatto per prevenire? Bisogna capire prima quali sono le patologie, come devono intervenire preventivamente le istituzioni Stato che si occupano di azzardo. O deve essere sempre la magistratura ad intervenire dopo?». Magistratura che dopo due mesi ha sferrato un secondo colpo. Grazie a prove documentali e alcune dichiarazioni («Ma nessuno degli arrestati ha finora fatto ammissioni», precisa il procuratore), si sono potute accertare sia nuove responsabilità che nuove società coinvolte, permettendo così di individuare compendi aziendali, siti on line, beni immobili e mobili registrati nonché rapporti finanziari riconducibili a taluni dei membri del sodalizio criminale con proiezione transnazionale, al quale hanno preso parte anche soggetti appartenenti alla ’ndrangheta, che avvalendosi di società estere ha esercitato abusivamente l’attività del gioco e delle scommesse sull’intero territorio nazionale, così riciclando ingenti proventi illeciti. E ricordiamo che in questo affare delle scommesse online, e nella sua spartizione, si e saldata una sorta di alleanza tra clan calabresi e alcuni clan camorristi, in particolare quello dei "casalesi". Il sistema, anche in questa seconda "puntata", è sempre lo stesso come spiegano gli inquirenti. «È stato accertato che, attraverso lo schermo di imprese operanti nel mercato dei giochi e delle scommesse a distanza e dislocando in Stati esteri i
server per la raccolta informatica delle giocate e la loro gestione, l’associazione criminale ha aggirato la normativa che regola il settore, realizzando consistenti profitti, in parte reinvestiti per l’acquisizione di ulteriori società nonché per l’attivazione di nuovi siti on line per l’esercizio ancora più esteso e remunerativo delle attività illecite. Tale rete – spiegano ancora in Procura – ha mantenuto, comunque, il centro decisionale e operativo in Calabria, rappresentando anche gli interessi della ’ndrangheta, allettata dagli imponenti flussi economici generati da quelle attività imprenditoriali che, oltre a consentire lauti guadagni, hanno agevolato il riciclaggio del denaro sporco». Che non è certo poco. Significativa, infatti, è risultata l’entità delle disponibilità finanziarie sinora individuate all’estero, anche grazie all’efficiente cooperazione internazionale di polizia. Infatti, in Germania e a Singapore sono state sottoposte a sequestro liquidità rispettivamente per 1,7 e 2 milioni di euro. Ma il lavoro di investigatori e magistrati non si ferma qui. Ed è un’inchiesta che preoccupa molto il mondo dell’azzardo, come conferma l’attenzione dei siti specializzati. «Fanno molto bene a preoccuparsi» commenta sorridendo il procuratore Cafiero de Raho. Ma poi torna subito serio e ripete: «Devono capire che questo fenomeno si presta a reati molto gravi come il riciclaggio e l’evasione fiscale». Insomma, sono tutti avvertiti.