Di Maio in conferenza stampa al ministero del Lavoro (Ansa)
Per ventiquattro ore prova a riprendersi la scena puntando proprio sui cavalli di battaglia del Movimento 5 stelle. Il vicepremier Luigi Di Maio, dopo giorni in cui è stato il suo omologo della Lega Matteo Salvini a fare il mattatore del governo giallo-verde, spara tutte le sue cartucce: da capo politico pentastellato, al mattino in radio annuncia il suo «decreto dignità» per «vietare la pubblicità dell’azzardo» e per tutelare i lavoratori precari, come i ciclisti- fattorini; da ministro del Lavoro, alla Camera, definisce «devastanti » le morti bianche; da responsabile dello Sviluppo economico, in via Veneto, non si sottrae a domande sull’Ilva – «le decisioni saranno prese con la massima responsabilità » – e sul «diritto dei cittadini di Taranto di respirare l’aria pulita».
Ma è di buon mattino che il Di Maio 'sociale' si esprime al meglio, non da una pagina Facebook ma dalle frequenze di una radio. Il primo provvedimento, che «andrà nel primo Cdm politico, il prima possibile» rassicura ai microfoni, è appunto il decreto dignità e servirà «per quattro categorie che hanno dato il sangue al nostro Paese»: imprese, eliminando spesometro, redditometro e studi di settore; delocalizzazioni, perché «chi prende fondi dallo Stato non può andare all’estero». Poi ancora si erge a paladino dei diritti puntando sulla lotta alla precarietà, riducendo il rinnovo dei contratti a tempo indeterminato e dando garanzie a categorie nuove come quelle, appunto, dei cosiddetti riders. «Sui riders – dice infatti orgoglioso – diventeremo uno dei Paesi più avanzati al mondo per regolamentare quel tipo di lavori».
Infine, ma non per importanza, il quarto punto del decreto dignità: l’azzardo, vietando totalmente la pubblicità in un settore «che sta tentando tanti padri di famiglia, ma anche minori». Un punto, quello del divieto totale di spot sui giochi d’azzardo, che è anche il cuore del disegno di legge presentato in entrambi i rami del Parlamento dai deputati e senatori grillini Francesco Silvestri, Massimo Baroni, Davide Zanichelli, Giovanni Endrizzi e Matteo Mantero.
Nella giornata da protagonista di Di Maio c’è anche il core business dei Cinquestelle: il reddito di cittadinanza. Il vicepremier si guarda bene dal fare promesse, anche se spera possa diventare realtà nel 2019 inserendolo nella legge di bilancio. «Sto prendendo confidenza con la macchina dei ministeri», mette le mani avanti, dunque «spero non di non trovare intoppi». Prima vanno infatti riformati i centri per l’impiego, operazione che dovrà coinvolgere necessariamente anche le Regioni. Insomma ci vorrà tempo perché il reddito di cittadinanza veda la luce, ma Di Maio non ha intenzione di fare alcun passo indietro sui temi nel contratto cari al Movimento. Anche in virtù della 'bilancia mediatica' totalmente pendente ultimamente a favore del leader leghista. Del suo alleato di governo dice in realtà di avere stima, specificando che è ricambiata, dunque non si sente 'fregato', nonostante pensieri, parole e opere dell’altro vicepremier campeggino ovunque, da giorni. Anzi, l’intesa prosegue e si rafforza, anche in vista delle prossime nomine come i vertici Rai, per le quali «assolutamente non dovremo cedere a meccanismi di lottizzazione».
C’è anche spazio per il caso Aquarius nella giornata del capo politico del Movimento, un argomento su cui proprio Salvini nei giorni scorsi non ha risparmiato commenti. «L’Italia ha diritto di essere trattata come gli altri», dice schierandosi al fianco del premier Conte nel braccio di ferro con Macron. Ma poi vira su controlli e dignità per i lavoratori per evitare la tragedia delle vittime sul lavoro – nell’informativa urgente alla Camera in materia di sicurezza sul lavoro punta più volte sulla «cultura della sicurezza» che va reinstallata, a partire dalla società partecipate – e restituire importanza a categorie finora fuori dal raggio delle istituzioni come i riders, che incontra per la seconda volta al ministero. Il punto decisivo segnato a favore dei gialli è però lo stop di Di Maio sull’uso dei contanti, tirato in ballo due giorni fa proprio dal verde Salvini. «Nel contratto questo punto non c’è, lavoriamo su altri fronti – spiega – per esempio quello che vivono tanti commercianti in Italia, nel pagamento elettronico, dobbiamo eliminargli i costi». E il suo alleato è costretto a ritrattare: «Mia opinione personale». Zero a zero, palla al centro.