In Italia ci sono i primi malati di aviaria. Sono due operai della Eurovo di Mordano, il paese bolognese dove gli allevamenti della società di uova e ovoprodotti sono stati infettati dal virus H7N7. La notizia è scientificamente importante - è la prima volta che il passaggio della malattia dall’animale all’uomo viene registrato nel corso di un’emergenza - ma sul piano della salute pubblica potrebbe essere irrilevante. Il primo contagiato, l’unico di cui si ha una conferma ufficiale, lavorando nei pollai della Eurovo ha rimediato solo una congiuntivite monolaterale, curabile in pochi giorni con antibiotici. Si sa che entrambi si occupavano di recuperare le uova e di rimuovere la pollina, quindi operavano quotidianamente in mezzo a migliaia di ovaiole malate; non è chiaro tuttavia se il contagio sia avvenuto prima o dopo la scoperta del focolaio bolognese, poiché molti dei dipendenti Eurovo sono utilizzati anche nell’abbattimento degli animali e nella sanificazione degli ambienti.Storicamente, questo è il primo caso di contagio da aviaria, per quanto uno studio italiano sull’emergenza 2005 abbia dimostrato che alcuni addetti degli allevamenti avicoli hanno contratto anche allora il virus e ne hanno sviluppato gli anticorpi. La notizia dell’avvenuto contagio è stata confermata nel pomeriggio dal ministero della Salute e dalla regione Emilia-Romagna: Eurovo ha sottolineato che su 110 operai impiegati negli stabilimenti infetti solo uno è stato colpito dal virus (ma tutti vengono sottoposti a controlli sanitari per i dieci giorni di un’eventuale incubazione, così come le famiglie dei contagiati, anche perché la congiuntivite può trasmettersi da uomo a uomo) e ha fatto sapere che ad Ostellato (Ferrara), dov’è stato individuato il primo dei quattro focolai, le operazioni di abbattimento dei capi si sono già concluse (come a Portomaggiore, nell’unico allevamento estraneo alla filiera Eurovo), mentre il lavoro di "pulizia" continua a Mordano e dovrebbe concludersi entro domattina. «L’influenza aviaria - ha rimarcato l’azienda - non rappresenta un problema per la sicurezza alimentare, ed è per questa ragione che non è stato emanato alcun provvedimento di allerta». Per Eurovo, «una forma di lieve congiuntivite rappresenta la più frequente conseguenza possibile di infezione che l’uomo può contrarre dal virus H7N7 ed esclusivamente nel caso di diretto contatto con animali malati o morti, come è per chi sta operando nella sanificazione degli allevamenti». Mentre l’aviaria stermina le galline, «in questo caso non esistono gravi rischi umani, sia chiaro» ammette Rolando Manfredini, responsabile Sicurezza alimentare della Coldiretti, che invita ad «evitare le psicosi ingiustificate che nel passato hanno danneggiato pesantemente un settore produttivo importante». Insomma, le rassicurazioni sono ampie quanto il fronte dei soggetti mobilitati nell’emergenza, che ormai va dal governo alle regioni e alle ausl, per arrivare alle aziende avicole. Secondo il ministero della Salute il ceppo H7N7 ha un’alta patogenicità per le galline ma «non viene facilmente trasmesso all’uomo», e a differenza di altri (ad esempio H7N9 o H5N1) nella specie umana si declina in malattie di lieve entità (come la congiuntivite), com’è già avvenuto anni fa in Olanda. Essendo rara la trasmissione da persona a persona, i focolai umani tendono ad autolimitarsi, «per cui il rischio per la comunità è estremamente basso o addirittura irrilevante» assicurano i sanitari. Di «nessun tipo di allarme per la popolazione dal virus H7N7 e nessuna minaccia per la salute dal consumo di uova o carni» parla ad Adnkronos Salute Gianni Rezza, responsabile del Dipartimento di malattie infettive, parassitarie e immunomediate dell’Istituto superiore di sanità, secondo il quale «è possibile che ci siano altri casi di positività, ma saranno molto lievi, al massimo paragonabili a una sindrome influenzale». Data questa coralità di rassicurazioni circa gli effetti banali del morbo sull’uomo, sorprende quindi il comunicato emesso ieri dai ministeri della Difesa e della Salute, per annunciare l’impiego di medici e infermieri militari, definendolo il «primo esempio in Italia di cooperazione civile-militare nel settore veterinario». Non c’è pericolo, ma contro l’aviaria è schierato anche l’Esercito.