Dietro ogni autovelox ci deve essere una divisa. Stop, dunque, alla gestione degli apparecchi di rilevazione della velocità da parte di società private. E gli apparecchi devono essere ben visibili. Sono questi i contenuti principali della direttiva che il ministro degli Interni Roberto Maroni ha inviato ieri – alla vigilia del controesodo estivo – ai prefetti e agli organi di Polizia stradale.L’intervento del Viminale intende disciplinare l’uso di questi mezzi di controllo della viabilità con criteri di «efficienza e trasparenza», per arrivare all’obiettivo europeo di dimezzare i morti su strada. Sulle autostrade è quasi raggiunto con l’utilizzo del tutor. Mentre sulle strade ordinarie si è al 20% circa di riduzione. La strada è lunga, se si pensa che negli ultimi sette mesi i morti sono stati ben 1.419. Dall’altro lato si vuole una razionalizzazione dei controlli, coinvolgendo tutti i soggetti interessati: polizia stradale (con compiti di coordinamento), enti locali e polizie locali.La direttiva invita perciò a individuare con criteri oggettivi (gli incidenti accaduti nel biennio precedente) i «punti critici» dove posizionare gli apparecchi, a segnalare ad adeguata distanza la loro presenza con cartelli o dispositivi luminosi ovvero con un veicolo di servizio parcheggiato a lato della strada. Se c’è un’auto civetta deve esserci un’insegna che indichi la forza di polizia o deve essere tenuto acceso un lampeggiante sul tettuccio.Insomma niente "agguati" agli automobilisti, che comunque non devono necessariamente essere fermati. Né tantomeno i rilevamenti delle macchinette più odiate dagli italiani al volante potranno essere notificati da privati (ai quali spetterà d’ora in poi solo darle in noleggio). Nessun collegamento poi tra i corrispettivi a chi vince l’appalto per fornire gli autovelox e il numero di sanzioni che vengono, come si dice, elevate. Circolo vizioso che ha dato adito a frequenti abusi al vaglio della magistratura (vedi articolo in pagina). Anche se il linguaggio asciutto e tecnico del Viminale non vi fa riferimento, infatti, la direttiva di fatto va a contrastare il malcostume di molte amministrazioni finite nel mirino per aver messo gli autovelox in punti dove la velocità non dava adito a rischi, ma il guidatore si trovava improvvisamente di fronte a un impietoso occhio. Che non veniva chiuso, anche per il fatto che le, presunte infrazioni facevano cassa, per Comuni sempre a corto di soldi.Infine, una stretta ai bulloni viene data anche sulla privacy: solo il personale di polizia potrà trattare i dati sensibili costituiti dalle foto o dai filmati che riprendono l’automobilista indisciplinato. Né le foto potranno più essere inviate per posta con il verbale, e a prenderne visione sarà solo l’interessato.«Si regolano e si specificano le norme esistenti, eliminando le zone d’ombra che si erano addensate in alcuni punti. Il cittadino sarà ora più tutelato ma, al tempo stesso, per lui cadono scuse e alibi: chi sbaglia, paga», spiega il direttore del servizio di Polizia stradale, Roberto Sgalla. La circolare trova il consenso dell’associazione degli Amici della polizia stradale, delle associazioni di consumatori Telefono Blu e Adoc, del Partito dei Pensionati. Critico, invece, il Codacons che giudica la misura insufficiente: «La vera novità sarebbe se a gestire queste apparecchiature, sia autovelox che semavelox, fossero solo prefetti e polizia stradale e non anche i vigili urbani, costretti dai sindaci a far cassa».
Il nuovo sensore. Per aiutare gli automobilisti ad adeguare la velocità alle condizioni della strada scendono in campo anche le nuove tecnologie. Un pool del Politecnico di Milano ha infatti realizzato un prototipo di sensore in grado di misurare non solo la velocità del veicolo, ma di dire se essa è corretta rispetto allo stato del manto viario, avvertendo così il guidatore se, pur rientrando nei limiti di legge, sta comunque guidando in condizioni di rischio. Vi entrano parametri come olio, bagnato o umidità. «Il sistema non punta a penalizzare il guidatore disobbediente, ma a responsabilizzarlo, aumentando le informazioni utili a una maggiore sicurezza», sottolinea Francesco Braghin, ricercatore al Dipartimento di Meccanica. Realizzati in sette anni di studi, i sensori sono in evoluzione. «Per arrivare sulle auto sarà necessario tradurli in prodotti di impresa ma – conclude Braghin –, se tutte le auto avessero sistemi simili, potrebbero scambiarsi, non solo riguardo alla velocità, informazioni cruciali per una maggiore sicurezza».