sabato 24 novembre 2018
I buoni propositi di Conte e Juncker. Il premier sente Mattarella e promette responsabilità. Ci saranno anche Tria, Dombrowski e Moscovici. Toni pacati da Di Maio e Salvini
Appuntamento per non dirsi addio
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Incontrarsi per non dirsi addio. C’è un clima di fiduciosa attesa in vista della cena che vedrà assieme stasera Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker. Al 13mo piano del Berlaymont, sede della Commissione Europea ci saranno, attovagliati per la parte europea, con il presidente della Commissione, il suo vice Joseph Dombrowski, e il commissario per gli Affari economici Pierre Moscovici, mentre il premier italiano sarà accompagnato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, che nella borsa porterà il pomo della discordia, la bozza di legge di Bilancio bocciata dall’Europa, con una procedura di infrazione che incombe se non interverranno fatti nuovi. Anche perché a Bruxelles - alla luce delle stime sulla crescita da rivedere al ribasso e dello spread da correggere viceversa al rialzo in termini di interessi maggiori da corrispondere - sono convinti che rapporto deficit/Pil al 2,4%, già ritenuto inaccettabile, sia in realtà una pia illusione.

Conte ha sentito Sergio Mattarella, dal Quirinale gli è arrivata una nuova, calda, raccomandazione a tenere aperto il filo del dialogo. Non che ci si faccia soverchie illusioni sull’incontro in sé, ma almeno si spera possa servire ad aprire il negoziato. Auspicio che ieri ha influenzato anche i mercati, con lo spread in in leggero calo e la Borsa in timido rialzo.

Appuntamento per le 19 e 30, a margine del vertice sulla Brexit: due ore per provare a sbloccare la situazione. «Alla Commissione dirò che il governo italiano vuole garantire la stabilità finanziaria», ha annunciato ieri Conte, da Napoli. «Siamo assolutamente concentrati nel raggiungimento di questo obiettivo. Ma è anche vero che per perseguirlo, il modo migliore è quello di assecondare e promuovere la crescita. Diversamente andremo in recessione». Da Palazzo Chigi si assicura che l’atteggiamento del governo è improntato alla massima «responsabilità».

Uno spiraglio è arrivato ieri da Moscovici: «La mia porta resta aperta alle autorità italiane e sono convinto che potremo accordarci su soluzioni condivise nell’interesse degli italiani e della zona euro, è un percorso esigente ma praticabile, voglio crederci», ha detto. Il premier si muove con margini di trattativa non elevati. Ma almeno i toni dei due vice ora sono più sfumati. «Quando la manovra sarà approvata definitivamente entro fine anno, e si vedranno le nuove misure, tutti capiranno», ha detto Luigi Di Maio. «Non dico che dovranno farsene una ragione, dico che questi sono stati giorni di tensione con Bruxelles, stava per arrivare la procedura di infrazione, sono giorni in cui la manovra è ancora in discussione, quindi si può avere il timore che possa partire un emendamento in aula che possa peggiorarla». Ed ecco Matteo Salvini. «Se fossi a cena con Juncker chiederei rispetto: non hanno detto nulla su manovre economiche del passato che hanno fatto male all’Italia e hanno impoverito gli italiani e gli chiederei 12 mesi di attenzione, noi siamo convinti che l’Italia starà meglio. Mandare ispettori, sanzioni, minacce, ricatti, ritorsioni, no. Noi non vogliamo litigare con nessuno» . E il vicepremier leghista si dice «convinto che l’Europa ci lascerà lavorare tranquillamente».

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