Un governo in cerca di chiarimenti. Di Maio, Conte, Salvini (Ansa)
Il fatto stesso che si adombri lo spettro di una crisi di governo per l’accoglienza in Italia di 15 persone spiega benissimo quanti e quali siano i ragionamenti politici che si accumulano in queste ore ai piani alti di M5s e Lega. Forse ha ragione un alto dirigente del Carroccio quando afferma che alcuni sondaggi riservati «non tolgono nemmeno un voto alla Lega se lasciamo i grillini, anzi...». Insomma, gli italiani non imputerebbero a Salvini il prezzo dello strappo, specie se avvenisse sul tema degli sbarchi e per via di un «ammorbidimento» di M5s di fronte al dramma umanitario nel Mediterraneo.
Ma se queste rilevazioni sono vere, non saranno sfuggite nemmeno a Conte, Di Maio e Casaleggio, i quali, a questo punto, comprendono di non ricavare più alcun giovamento dal seguire sic et sempliciter la linea di Salvini sulle migrazioni. Anzi, se c’è qualche serbatoio elettorale rimasto incustodito in vista delle Europee, esso si trova a sinistra del Movimento, e non a destra, data anche la fatica del Pd a riorganizzarsi. Il livello di tensione tra Palazzo Chigi e il Viminale è quindi tenuto artificialmente alto.
L’arrabbiatura del ministro Salvini è autentica, l’ombra di uno «schiaffo» - il primo subito dagli alleati dall’inizio dell’esperienza di governo - fa male all’orgoglio. E alimenta il sospetto che da qui a maggio il premier Conte, il vicepremier Di Maio e l’intera macchina M5s in Parlamento e fuori non si muoveranno solo per raccogliere e recuperare consensi, ma anche per sottrarne all’«alleato» colpendo sui punti sensibili. E mostrare l’arrivo in Italia di 15 migranti che Salvini non voleva è senz’altro un fendente politico ed elettorale.
Il chiarimento Conte-Salvini arriverà, se non è già arrivato nella notte. Ma ha una data di scadenza. Le incomprensioni sono pronte a scoppiare alla prossima imbarcazione nel Mediterraneo, o intorno al dossier "fantasma" sulla Tav, o sul fronte più caro a M5s, il Reddito di cittadinanza. Ed è difficile immaginare quanto e come possa procedere un governo che sembra convivere con un timer e un conto alla rovescia sempre attivato, in una sorta di effetto-domino permanente: se barcolla l’equilibrio sui migranti barcollano anche i dossier su economia, infrastrutture, temi etici.
In questo contesto si gioca il nuovo ruolo di Conte: non solo per ragioni istituzionali, ma anche politiche, è toccato a lui affrontare a viso aperto Salvini sui 49 lasciati in mare senza porto e senza risposte. Il suo consenso personale è alto, non paga il pegno di una passata esperienza all’opposizione ricca di troppe promesse e troppi anatemi. È vero che per le Europee M5s ha richiamato Di Battista dal suo buen retiro centro-sudamericano, ma tanti indizi portano a pensare che il jolly in vista del voto sia il premier in carica, il quale può alimentare il suo ruolo solo con decisioni e prese di posizione. Una partita politica si è svolta quindi nelle ultime ore alle spalle delle 15 persone cui l’Italia ha promesso accoglienza. Una partita che ha fatto dimenticare proprio a Salvini che in questa circostanza l’Italia poteva invece rivendicare un risultato: lo sbarco è avvenuto a Malta ed è valso il meccanismo della solidarietà, nel solco di quanto Roma ha chiesto al Consiglio Ue di giugno.