venerdì 4 marzo 2011
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Due mesi di proroga per dimenticare di aver perso vent’anni in chiacchiere. A scrivere l’ennesimo "ultimo" capitolo della storia infinita della Tav è la Commissione europea. Recentemente, ha concesso «ancora due mesi di tempo» al governo italiano per chiudere la trattativa con la Francia e aprire i cantieri della Torino-Lione. Non quelli, beninteso, del tunnel di 57 chilometri sotto il Moncenisio, che collegherà Saint Jean de Maurienne a Chiusa San Michele, ma gli scavi della prima galleria di servizio, a Chiomonte, in alta valle di Susa. I francesi, che ne hanno già ultimate tre, ci aspettano un filino spazientiti e le cronache romane non aiutano a sbloccare la questione, legata a filo doppio con Palazzo Chigi. Il bocconiano Oliviero Baccelli, vice del "pensatoio" Certet, ammette che i flussi di traffico ferroviario stanno prendendo altre vie: «l’alta velocità spagnola è completa, hanno bucato i Pirenei e i treni possono aggirare le Alpi seguendo le direttrici Rodano-Reno e Parigi-Francoforte». Il rischio è perdere gli atout legati all’opera: spostare su rotaia un milione di tir, ridurre i costi del trasporto merci e raddoppiare il traffico passeggeri. Sognamoceli, se non riusciremo ad aprire questa porta e a far passare il corridoio V Lisbona-Kiev attraverso la pianura padana. Le avvisaglie sono pessime: le ferrovie d’Oltralpe vogliono interrompere il collegamento Tgv Milano-Parigi e la sperimentazione dell’autostrada ferroviaria Orbassano-Aiton si è rivelata un mezzo fallimento.Baccelli dirige il master della Bocconi sulle infrastrutture di trasporto ed è ottimista: «La competizione sui fondi europei è spietata, ma le Alpi hanno un appeal ambientale e l’Ue non ci scaricherà». Nel 2007 Bruxelles ha assegnato 671 milioni di euro, prosciugati dalle spese di progettazione, e salvo altri ritardi si farà carico del 30% dei dieci miliardi che costa la tratta internazionale. Quel che resta, dovranno dividerselo Italia e Francia; su questo punto la trattativa si è fermata. Ufficialmente, la società di progettazione Ltf continua a fissare la conclusione dei lavori nel 2023, ma se entro maggio non si inizierà davvero a scavare la galleria della Maddalena, a Chiomonte, dovremo dire addio al progetti e ci toccherà pure risarcire l’Europa e i francesi. Si parla di due miliardi.Lo sanno anche i No Tav, che in Valle di Susa si preparano all’ultima battaglia. Sandro Plano, presidente della Comunità montana, contrario all’opera, ha lasciato il posto di direttore d’esercizio dell’autostrada perché da lì si controlla il traffico dei camion del "nemico", diretti al cantiere. L’opposizione, tuttavia, ha accantonato i toni apocalittici di qualche anno fa, quando si raccontava che l’Ambin e il Musiné erano un serbatoio di amianto e di uranio. Ora si insiste sull’inutilità di una nuova ferrovia, ma Baccelli obietta che «solo il nuovo tunnel di base permetterà di muovere con un locomotore, invece di tre, convogli lunghi il doppio di quelli che corrono nel vecchio traforo del Frejus». Un replay degli scontri di Venaus (dicembre 2005) è improbabile e non solo perché gli abitanti di Chiomonte, dove sorgerà il cantiere, sono già stati "compensati" con la promessa di un casello autostradale tutto per loro sulla Torino-Bardonecchia, ma perché a sinistra il progetto ha fatto parecchia strada. Da quando il presidente dell’osservatorio di Palazzo Chigi, Mario Virano, che gestì la "creazione del consenso" intorno all’autostrada, è riuscito a coinvolgere molti sindaci di centrosinistra nella progettazione, sul fronte del No sono rimasti solo Fiom, Rifondazione e alcune amministrazioni della bassa valle. Insomma, lo scenario ideale per partire coi lavori, se ci fossero soldi e volontà politica. Paolo Balistreri, segretario generale di Confindustria Piemonte e direttore di Transapadana, la lobby della Tav, ammette che siamo «quasi fuori tempo massimo», visto che a giugno l’Europa ridisegnerà la propria rete ferroviaria. Tuttavia, sottolinea, «la sfida è troppo importante per gettare la spugna. Con la nuova stazione internazionale di Susa completeremo il rilancio iniziato con le Olimpiadi invernali e la Tav sarà un volano per le costruzioni». È preoccupato anche Fabrizio Cellino, presidente Api di Torino: «nella realizzazione dell’opera devono essere coinvolti i territori e le imprese locali. La legge regionale sulle grandi opere in dirittura d’arrivo, è uno strumento importante che deve però subito essere reso operativo».Da qualche settimana Confindustria Piemonte ha iniziato un duro pressing sul ministro delle infrastrutture: una lettera della presidente Mariella Enoc intima al governo (con un inusuale «deve») di ribadire la priorità dell’opera e sbloccare il finanziamento per la Maddalena (143 milioni, fermi alla Corte dei Conti). Una tirata d’orecchie cui il ministro Matteoli ha replicato ribadendo «ancora una volta il pieno impegno del governo», ma anche lui si è limitato ad «augurarsi» che i lavori inizino presto. Del resto, mentre il tempo scade e non si riunisce il tavolo politico, anche a sinistra ci si guarda bene dal sollevare una questione che divide gli stessi progressisti. L’Espresso del 17 febbraio dedica un inserto di 13 pagine al Piemonte «non solo automobili». Sulla Torino-Lione neanche una parola.
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