domenica 29 settembre 2024
Riflessione sul dopo-Trieste: «L'annosa accusa purtroppo è una mera constatazione. Non bastano gli appelli generici, che non disturbano nessuno. Su lavoro e famiglia passare dalle parole ai fatti»
Luzzi (Mcl): contro il rischio-irrilevanza declinare i principi in proposte

IMAGOECONOMICA

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«La sfida sull’irrilevanza dei cattolici va raccolta, perché purtroppo non si tratta di un’accusa infondata». Per Alfonso Luzzi, presidente del Movimento cristiano lavoratori, eletto dal Consiglio generale dello scorso 2 Marzo, non ci si può limitare ai «generici appelli sul bene comune» che non disturbano il manovratore, ma occorre rimettere al centro le vere priorità, che Mcl individua nella famiglia e nel lavoro.

Che clima avete trovato a Trieste? Che indicazioni ne scaturiscono?

Siamo rimasti positivamente impressionati dal clima trovato alla Settimana sociale, principalmente per due motivi. Il primo è conseguente all’innovazione introdotta di suddividere l’assemblea in gruppi. Questa novità ha permesso a tutti di partecipare attivamente e la partecipazione, oltre a essere essa stessa “politica”, è per noi cattolici un dovere come espressamente chiesto dalla Dottrina sociale della Chiesa. Il secondo motivo scaturisce dal fatto che abbiamo notato una grande desiderio dal basso per un rinnovato, se non rivoluzionario, impegno politico di noi cattolici.

Ma l’annosa accusa di irrilevanza dei cattolici, come si vince? Che cosa insegnano i grandi padri fondatori dell'impegno politico cattolico?

In realtà l’irrilevanza dei cattolici più che una “annosa accusa” è una mera constatazione. I cattolici troppo spesso si limitano ad un generico appello al “bene comune”. Come diceva Del Noce, parlare di bene comune è un puro verbalismo. Occorre dire con chiarezza cosa intendiamo per “bene comune”, hic et nunc. Se lo faremo allora sì che verranno all’aperto i nostri veri antagonisti. L’irrilevanza è non dare fastidio a nessuno. Usciamo da essa dando fastidio, dobbiamo essere “pietra d’inciampo”. E a proposito di padri fondatori, mi piace sempre ricordare che Aldo Moro diceva che se noi cattolici non fossimo nelle condizioni di fare la nostra parte, l’equilibrio politico del nostro Paese sarebbe alterato e la stabilità politica compromessa. Valeva nel 1963 e vale oggi.

Quali priorità vede, allora, su cui dare soprattutto il vostro originale contributo?

In virtù della sua storia, il Movimento cristiano lavoratori è nella condizione ottimale di dare il suo contributo, anche sui temi più divisivi. Per noi le priorità erano e restano il lavoro e la famiglia, oggi lo sono ancora più che in passato.

Allora parliamo di lavoro, che è il cuore della vostra mission associativa. Il bipolarismo sembra riproporre una sorta di lotta di classe. I bassi salari da un lato, le partite Iva tartassate dall’altro. Come uscirne?

Bisogna trovare un nuovo equilibrio tra un’economia concorrenziale e uno Stato sociale solidale. Sicuramente è prioritario un aumento complessivo delle retribuzioni dei lavoratori e soprattutto di quelle più basse, sopra un salario minimo adeguato, che nasca dalla contrattazione collettiva tra le parti sociali all’interno di un quadro di politiche che migliorino la competitività del Paese. Mi sembra che una serie di parametri macroeconomici in quest’ultimo anno siano migliorati. La recente istituzione di un Productivity board in seno al Cnel può rappresentare lo strumento giusto per misurare produttività ed inclusione sociale.

C’è una drammatica emergenza natalità da un lato e dall’altro le famiglie con figli che finiscono in gran numero per ingrossare le fila dei nuovi poveri. Quali proposte avanzate?

Ormai la crisi delle nascite non possiamo più identificarla con la definizione di “inverno demografico”, sarebbe meglio parlare di “glaciazione demografica”. Si tratta di una crisi che nasce anche dall’inadeguatezza delle misure di sostegno alla famiglia. Su questo tema abbiamo l’impressione che il quoziente familiare, da molti perorato sulla base del modello in uso nel welfare francese, presenti oggi ancor più criticità che in passato, in quanto si pone in contrasto col sistema dell’assegno unico. Noi proponiamo invece lo splitting coniugale, che riteniamo essere più adattabile al sistema tributario italiano, in quanto con esso il divisore familiare prende il posto della detrazione per il coniuge a carico, mentre rimarrebbero le detrazioni per figli a carico e le deduzioni o detrazioni delle somme corrispondenti alle spese di tutti i membri della famiglia, la cui valorizzazione ai fini Irpef è costituzionalmente necessaria.

Occorre coraggio e voglia di approfondire...

Di fondo, però, si tratterebbe accertare la reale volontà politica di riformare il sistema della tassazione familiare in senso costituzionale, consapevoli che non potrà essere brandito anche stavolta lo spettro della poca liquidità, visto l’enorme spreco di risorse finanziarie nel passato ed ancora oggi con la concessione di prebende “a pioggia”, senza un disegno complessivo.

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