Con l'appello degli imputati da parte
del presidente della decima sezione penale del tribunale
Rosanna Ianniello ha preso il via il processo a Mafia
Capitale in un'aula Occorsio ridotta a una bolgia per il gran
numero di avvocati, loro assistenti e giornalisti presenti.
L'ex Nar Massimo Carminati, ritenuto il promotore
dell'associazione di stampo mafioso, è collegato in
videoconferenza dal carcere di Parma, mentre il presidente
della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi da quello di
Tolmezzo. Tra gli imputati in aula ci sono l'imprenditore
Daniele Pulcini e Luca Odevaine, l'ex componente del Tavolo di
coordinamento nazionale per l'accoglienza dei richiedenti
asilo, che ha ottenuto due giorni fa gli arresti domiciliari
dopo undici mesi trascorsi in carcere.
Mafia Capitale, è l'associazione di stampo
mafioso che, con peculiarità tutta sua (ben diversa dalle
organizzazioni criminose tradizionali), ha operato a Roma e nel
Lazio fino allo scorso anno corrompendo pubblici funzionari,
amministratori di società ed esponenti politici puntando ad
alterare e ad aggiudicarsi appalti per centinaia di milioni di
euro. Il tutto attraverso la forza di intimidazione che
derivava dal vincolo associativo e la condizione di
assoggettamento e di omertà, e, secondo l'accusa, sotto la
guida di Massimo Carminati, soprannominato "er Cecato" perché
guercio, che negli anni '70 fu tra i protagonisti
dell'eversione nera.
Il dibattimento, risultato della complessa inchiesta
condotta dalla Procura che dal 2012 è guidata da Giuseppe
Pignatone, si annuncia lungo e complesso come indicano i numeri:
46 imputati, in buona parte detenuti (tra carcere e arresti
domiciliari), centinaia di testimoni da convocare, migliaia le
intercettazioni di cui sarà chiesta la trascrizione, 3-4
udienze a settimana già calendarizzate almeno fino al prossimo
luglio e da celebrarsi sempre nell'aula bunker di Rebibbia
(attrezzata per le videoconferenze).
I difensori hanno ottenuto la presenza nelle celle
dell'aula di tutti i detenuti. Solo tre dovranno rassegnarsi a
seguire il dibattimento a distanza, per l'intera sua durata, e
si tratta di figure chiave del procedimento: l'ex esponente del
gruppo armato di estrema destra dei Nar, Massimo Carminati,
rinchiuso nel carcere di Parma e il solo a essere sottoposto al
regime del 41 bis, Salvatore Buzzi, il presidente della
cooperativa 29 giugno indicato come grande manovratore del
sistema corruttivo, detenuto a Tolmezzo, e Riccardo Brugia,
amico di Carminati, che si trova nella casa circondariale di
Terni. Carminati è ritenuto dalla Procura il capo e il
promotore dell'associazione di stampo mafioso che faceva affari
con imprenditori collusi e con rappresentanti del mondo
politico e istituzionale di Comune e Regione. Brugia, quale suo
braccio destro, era secondo l'accusa non solo il custode delle
armi (mai trovate, per la verità) a disposizione del
sodalizio, ma gli viene attribuito anche un ruolo di
organizzatore dell'associazione criminosa al pari di Buzzi e
del manager Fabrizio Franco Testa. L'ex ad di Ama, Franco Panzironi, viene definito dall'accusa pubblico ufficiale a libro paga, come
pure Carlo Pucci, dirigente di Eur spa. Tra gli altri imputati
ci sono anche Mirko Coratti (già presidente dell'assemblea del
consiglio comunale di Roma), Pierpaolo Pedetti (consigliere
comunale), Luca Gramazio (consigliere regionale), Giordano
Tredicine (consigliere comunale), Andrea Tassone (ex presidente
del Municipio X, Ostia).
Ieri le prime quattro condanne, pesantissime, emesse dal
gup in abbreviato: tra tutte spicca quella di 5 anni e 4 mesi
inflitta a Emilio Gammuto, collaboratore di Buzzi, al quale è
stata riconosciuta l'aggravante di aver agevolato
l'associazione mafiosa.