Marco Bucci, candidato sindaco del centrodestra, accanto al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti (al centro), durante i festeggiamenti dopo i risultati dei ballottaggi alle Comunali di Genova (Ansa)
Il turno di ballottaggio delle elezioni amministrative consegna una sostanziale vittoria del centrodestra, che si materializza soprattutto nei clamorosi “ribaltoni” di Genova e L’Aquila. Vittoria però che appare già complicato replicare in sede di elezioni politiche. Il Pd incassa una serie di scivoloni e prova a consolarsi con alcuni significativi successi ottenuti in Puglia e in Veneto. Il M5S completa la disfatta del prima turno con il risultato di Parma, dove – fuori dal ballottaggio e persino dal consiglio comunale – era costretto a sperare nella sconfitta del ribelle Federico Pizzarotti che invece ottiene una brillante riconferma. Ma i 5 Stelle ottengono un premio di consolazione con la vittoria di buona parte dei 10 ballottaggi in cui erano impegnati.
E nel risultato oltre ogni attesa conseguito dal centrodestra è difficile non cogliere un effetto “traino” certamente venuto proprio dagli elettori grillini. Nel ruolo di ago della bilancia hanno finito per pesare – evidentemente – contro il centrosinistra e a favore dei loro competitors, forse anche sulla scia degli annusamenti che ci sono stati in queste ultime settimane con la Lega di Salvini.
Il caso di Genova
Il più importante è certamente il dato di Genova, e non solo perché – dopo la vittoria al primo turno di Leoluca Orlando a Palermo – era la città più importante chiamata a decidere al ballottaggio la sua futura amministrazione. La vittoria di Marco Bucci (peraltro con oltre 10 punti di scarto) rompe infatti un vero e proprio tabù, e il ribaltone nel capoluogo ligure (bissato dal successo del centrodestra, in Liguria, anche a La Spezia) ricorda un po’ l’affermazione a sorpresa del 1999, nella “rossa” Bologna, di Giorgio Guazzaloca, che suggellò un momento di grande supremazia nel Paese della coalizione di centrodestra, frutto delle tante anime che Silvio Berlusconi era riuscito a mettere insieme. Operazione che stavolta si rivela più complicata sia per la difficoltà nell’individuare una leadership condivisa sia per lo scarto programmatico che si registra fra i tre contraenti di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Senza trascurare l’importanza dell’apporto venuto in molti centri (L’Aquila, Catanzaro, e la stessa Genova) dalla convergenza della componente centrista di Alternativa popolare, che sul piano nazionale resta in rotta di collisione apparentemente irreversibile con la Lega.
Il centrodestra vince all'Aquila, Catanzaro e Verona
Sul piano dei numeri ancora più clamoroso è il risultato dell’Aquila, dove Americo Di Benedetto, del centrosinistra, partiva con grande vantaggio, forte di una percentuale molto vicina al 50 per cento, che è riuscito però nella “impresa” di ridurre, anziché aumentare, al secondo turno, cedendo il passo a sorpresa al suo antagonista Pierluigi Biondi, espressione di Fratelli d’Italia. Significativa, per il centrodestra, anche la brillante riconferma a Catanzaro per Sergio Abramo e la vittoria a Verona del leghista Federico Sboarina, su Patrizia Bisinella, compagna del sindaco uscente Flavio Tosi, che era sostenuta da una aggregazione civica e centrista.
Il centrosinistra si consola in Veneto e Puglia
Ma In Veneto si registra anche il successo più importante del centrosinistra, che si aggiudica Padova sul filo, un po’ a sorpresa, sull’uscente leghista Massimo Bitonci, battuto da Sergio Giordani. Anche se – va detto – si è trattato in questo caso di una contesa piuttosto peculiare con una prevalenza da un lato e dall’altro di formazioni civiche. Fra le poche consolazioni per il centrosinistra la doppia vittoria in Puglia, dove il Pd strappa Lecce e si conferma a Taranto.
Salvini incalza Renzi
Prova a minimizzare il leader sconfitto Matteo Renzi, che parla di risultati «a macchia di leopardo» e se la cava con un eufemismo: «Poteva andare meglio». Ma Matteo Salvini lo incalza e lo invita ad avere la «dignità» di prendere atto della sconfitta e andare al voto.
Tutti i risultati dei ballottaggi
In realtà il centrosinistra guardando al dato complessivo dei 168 comuni superiori ai 15mila abitanti interessati da questo turno amministrativo resta avanti (pur arretrando) con 56 sindaci aggiudicati, su 46 del centrodestra, e altrettanti “civici” sganciati dai partiti. Ma sono numerose e importanti le sconfitte che bruciano. Simbolica, ad esempio la perdita di Sesto San Giovanni, la cosiddetta “Stalingrado d’Italia”. E nella sola Toscana cadono due roccaforti “rosse”, Pistoia, aggiudicata dal centrodestra, e Carrara, dove passa il M5S con Francesco De Pasquale. Un risultato, quest’ultimo, che riporta un certo ottimismo in casa 5 Stelle, dove non si registra alcun commento sulla vittoria di Pizzarotti a Parma, mentre si enfatizza il dato degli 8 ballottaggi vinti sui 10 che M5S erariuscito a strappare. «Il Movimento 5 Stelle continua con la sua inesorabile crescita», dice Luigi Di Maio.
Complessivamente, includendo i tre aggiudicati al primo turno (Palermo e Cuneo al centrosinistra e Frosinone al centrodestra) nei comuni capoluogo di provincia in cui si votava il centrodestra ottiene 16 sindaci (ne aveva 7), mentre il centrosinistra ne aveva 17 e se ne ritrova solo 6. Nel dettaglio il centrodestra strappa al centrosinistra 12 sindaci: Genova, L’Aquila, Monza, Piacenza, La Spezia, Alessandria, Asti, Pistoia, Como, Rieti, Lodi, Oristano. Confermati i sindaci di Verona, Catanzaro, Frosinone e Gorizia. Il centrosinistra, invece, strappa al centrodestra i sindaci di Padova e Lecce e conferma quelli di Palermo, Taranto, Lucca e Cuneo. Il Movimento 5 Stelle (come detto) perde Parma, ma strappa al centrosinistra Carrara. Le liste civiche si aggiudicano il sindaco di Parma (l’ex grillino Pizzarotti) e di Belluno (Massaro).
Il caso Trapani
Il centrodestra perde, infine, il comune di Trapani che, assediato dalle inchieste scoppiate in piena campagna elettorale, sarà commissariato. Al ballottaggio con un solo candidato, non è stato infatti raggiunto il quorum richiesto del 50 dei votanti per rendere valida la consultazione.
Crolla l'affluenza
E proprio il dato dell’affluenza, più in generale, è forse l’aspetto più preoccupante di questo turno di ballottaggio: al voto si è recato un misero 46 per cento degli aventi diritto, 14 i punti percentuali persi rispetto al già scarso dato del primo turno, che vide recarsi alle urne, quindici giorni fa, poco più del 60 per cento.