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La procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un’inchiesta sull’enorme discarica abusiva piena di Eternit-amianto, realizzata sui terreni confiscati dal giudice Rosario Livatino e denunciata da Avvenire. Dopo l’articolo pubblicato domenica, il procuratore Luigi Patronaggio ha deciso di intervenire rapidamente, ordinando un sopralluogo in contrada Gibbesi del comune di Naro, dove negli anni sono state scaricate centinaia di tonnellate di veleni. E ha delegato le indagini alle forze dell’ordine che dovranno ora individuare le responsabilità, di chi ha scaricato, di chi ha tollerato e di chi non è intervenuto.
Perché la discarica esiste da tanti anni, nei quali i rifiuti si sono accumulati. Ricordiamo che, fin dal 2017, la cooperativa Rosario Livatino, assegnataria dei terreni, aveva denunciato la presenza della discarica, scoperta pochi giorni dopo aver ottenuto i beni confiscati. Da allora nessuno è intervenuto e i rifiuti speciali e pericolosi (non solo l’amianto) sono cresciuti, diventando una vera bomba ecologica. Aggravata da vari incendi che l’hanno trasformata in una sorta di antro infernale. Un grave sfregio all’impegno di Livatino sulla confisca dei beni e nel contrasto ai crimini ambientali.
Sulla scandalosa vicenda interviene Stefano Vignaroli, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, la cosiddetta Commissione ecomafie. «Un ulteriore caso grave di traffico illecito di rifiuti – afferma –. Smaltire in maniera corretta l’Eternit è relativamente semplice. Senza considerare le tecniche più evolute, anche metterlo in apposite discariche ben imballato non è particolarmente impattante. Per questo motivo, questi casi di abbandono incontrollato per risparmiare qualche soldo in smaltimento fanno ancora più male». Vignaroli ricorda che la Commissione si sta «occupando in Sicilia della complessa gestione della depurazione acque e seguiremo con attenzione questo nuovo caso che lascia amareggiati, considerando che il giudice Livatino aveva sequestrato alla mafia il terreno a metà anni ’80, e ha il sapore di una momentanea ma dura sconfitta dello Stato».
Una riflessione che fa anche Chiara Braga, responsabile ambiente del Partito democratico e capogruppo in Commissione ecomafie, secondo la quale si tratta di «una vicenda che lascia senza parole e che rappresenta un’offesa alla memoria del giudice Livatino». Ma, aggiunge, «purtroppo è l’ennesima conferma di come non sono sufficienti le norme, anche molto severe, come quelle approvate con la legge sugli ecoreati, a contrastare e rimediare a danni così pesanti all’ambiente». Per questo, insiste, «serve rafforzare gli strumenti di controllo del territorio e le agenzie ambientali, che devono essere messe nelle condizioni di verificare il rispetto degli impegni di bonifica, sostenendo l’azione degli enti locali e di realtà come la cooperativa dei giovani dedicata alla memoria del "giudice ragazzino"».
E proprio da questo parte la reazione di Legambiente. «Siamo al fianco della cooperativa Rosario Livatino per un duplice motivo – ci dice Daniele Guicciardo, presidente del circolo di Agrigento –, perché si tratta di inquinamento ambientale e perché coinvolge terreni confiscati alla mafia. E noi siamo sempre in prima linea contro le ecomafie». Inoltre, denuncia, «siamo spiazzati dall’atteggiamento dell’amministrazione comunale di Naro che non è intervenuta, e anzi pretendeva che lo facesse la cooperativa. L’antimafia si fa anche con atti simbolici e quindi quell’atto isolava la cooperativa invece di risolvere il problema». Infine, sottolinea Legambiente, «non siamo sorpresi dalla presenza dell’Eternit. Nel nostro territorio ci sono tante ditte che si sono specializzate per lo smaltimento dell’amianto ma sulle quali abbiamo molti dubbi. Ci sarebbe da indagare perché c’è un evidente problema nella filiera dello smaltimento che in parte è in nero».