Adozioni internazionali. Baratro prossimo venturo. Nel decennio a venire potrebbero azzerarsi o quasi. Dal 2006 ad oggi le richieste delle coppie si sono dimezzate. Se non si riuscisse a fermare il trend la prospettiva diventerebbe allarmante. Effetto della crisi? Dei tempi sempre più lunghi per le pratiche? Dei costi insostenibili per troppe famiglie che pur sarebbero disponibili? Forse un po’ tutto insieme. «Secondo i dati Unicef – spiega
Marco Griffini, presidente Aibi, Associazione amici dei bambini – ci sono al mondo oltre 160 milioni di bambini abbandonati. Non tutti, certo, adottabili. Ma il bisogno è enorme. E dove sono le fa- miglie disposte a prendersi cura di queste situazioni? In Italia le richieste per i primi sei mesi del 2010 sono state poco più di 1.500. E noi siamo tra i primi Paesi al mondo per numero di adozioni». Per questo l’altro giorno Griffini, di fronte al dibattito aperto dall’intervento della Cassazione – in parte frainteso da molti media tanto che i giudici sono stati costretti a puntualizzare il loro pensiero – si è detto disponibile a valutare la prospettiva di un’apertura più larga ai single. «Intendiamoci bene, la famiglia con entrambi i genitori – sottolinea il presidente dell’Aibi – rimane la via privilegiata. La condizione più opportuna per accogliere e far crescere un bambino. Ma quando la coppia genitoriale non si trova, siamo davvero sicuri che sia meglio l’istituto, o, molto spesso, la strada per far crescere un ragazzino? Non ho tesi precostituite. Dico soltanto che le associazioni – aggiunge Griffini – dovrebbero riflettere attentamente, alla luce delle emergenze reali, dei dati che diventano di anno in anno più drammatici. Anche per quanto riguarda l’adozione nazionale non dovremmo dimenticare che il numero dei minori fuori dalla famiglia è passato in pochi anni da 28 mila a 35 mila. E ci sono almeno 400 ragazzi adottabili subito che nessuno vuole. Ma alcuni sono disabili, problematici, oppure sono troppo grandicelli». Un quadro complesso che, secondo il presidente Aibi, diventa ancora più intricato a causa dell’elevato numero di enti autorizzati – oltre 60 – all’adozione internazionale. «Forse – conclude Griffini – sarebbe il caso di rivedere la legge per sciogliere i tanti nodi che oggi impediscono a tante famiglie di aprirsi all’accoglienza ». Il dibattito, dunque, è aperto. A partire dai numeri.Che ci siano «milioni » di bambini abbandonati nel mondo forse sì, ma che ciò equivalga a «adottabili», proprio no. Lo spiega
Valeria Rossi Dragone, presidente del Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia, uno degli enti autorizzati 'storici'. «Molti Paesi non sono in grado di definire giuridicamente lo stato di adottabilità per i bambini e i ragazzi che vivono negli istituti. In più, ormai si tratta quasi esclusivamente di ragazzini grandicelli, con molti anni di permanenza in istituto, con bisogni speciali se non handicap veri e propri ». Per questi ragazzini non basta una famiglia qualsiasi, ma servono genitori preparati, determinati e con buone risorse di partenza. Aprire ai single potrebbe essere una risposta? La Rossi Dragone rilancia: «È un falso problema: non vedo frotte di single che sarebbero disponibili a questo tipo di adozioni, già molto impegnative per due genitori, figuriamoci per uno solo...». Una realtà, al di là dei proclami, segnalata anche da
Donata Nova Micucci, presidente di un altro ente 'storico' in Italia, l’Associazione famiglie affidatarie e adottive (Anfaa). «Alcuni Paesi, come ad esempio la Romania, non ammettono l’adozione internazionale. Inoltre, nello spirito della Convenzione dell’Aja, la prima possibilità da esplorare per i bambini abbandonati è l’aiuto alla famiglia di origine, in secondo luogo l’adozione nazionale e in terza istanza l’adozione internazionale. Aprire le adozioni ai single non sposta di una virgola la sostanza delle cose – continua Donata Nova Micucci –. Sono i Paesi di origine a stabilire i criteri per le adozioni: quasi tutti richiedono coppie sposate, oltre ad altre condizioni che possono essere opinabili ma alle quale bisogna sottostare».La risposta alla prevedibile crisi delle adozioni internazionali, da qui ai prossimi anni, «non sta nell’allargare la platea degli aspiranti genitori, che è già sovrabbondante», ma nella preparazione delle coppie, che, come chiede da anni l’Anfaa, devono essere seguite e accompagnate anche dopo l’arrivo del minore.