mercoledì 2 settembre 2009
Siglati con Cuba, Perù, Romania, Thailandia, Albania. Eppure nel 2008 solo 87 detenuti stranieri sono stati trasferiti. La lettera di un detenuto romeno ad Avvenire: ho presentato più volte la domanda, ma non ho mai avuto nessuna risposta.
  • LA LETTERA del detenuto romeno ad Avvenire
  • LA SCHEDA: carceri che scoppiano,  le 12 regioni «fuorilegge»
  • COMMENTA E CONDIVIDI
    Le carceri scoppiano? E allora perché non fare in modo che i detenuti stranieri (circa 24mila) scontino la pena nel proprio Paese? Una proposta che piace a molti, compresi i sindacati di polizia e al ministro Alfano, ma molto difficile da mettere in pratica anche quando, apparentemente, ci sarebbero tutte le condizioni necessarie per far sì che la pratica scorra via in poco tempo. È il caso di un cittadino romeno di 39 anni, detenuto nella casa circondariale “Lorusso e Cotugno” di Torino che vorrebbe poter finire di scontare la propria pena nel suo Paese d’origine «così da avere vicino la mia famiglia, dove è più facile l’inserimento», scrive in una lettera arrivata nei giorni scorsi alla redazione di Avvenire. Arrestato nel 2003 e condannato in via definitiva a 8 anni e 11 mesi, Aurel Cornel Ulucean ha presentato subito al ministero della Giustizia la domanda per essere trasferito in Romania, in base alla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento dei condannati. Una richiesta presentata ufficialmente altre due volte (12 settembre 2008 e il 27 marzo 2009) al Dipartimento per gli affari di giustizia presso il ministero della Giustizia e, per non lasciare niente di intentato, anche «con due lettere direttamente inviate al ministro Alfano». La sua richiesta però non ha avuto risposta, scrive Ulucean. Una vicenda di cui si è interessato anche il ministero della Giustizia romeno che, nell’aprile 2009, ha fatto richiesta di estradizione all’Italia. La procedura per ottenere il trasferimento però, spiegano dal carcere di Torino e dal ministero, è molto lunga «perché l’iter non è semplice».La normativa. L’Accordo bilaterale per il trasferimento delle persone condannate è un patto siglato tra due Paesi ai fini dell’esecuzione di condanne definitive. Accordi che si aggiungono alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, stipulata a Strasburgo nel 1983 e ratificata dall’Italia nel 1989. Il nostro Paese ha siglato accordi di questo tipo con sei nazioni: Thailandia e Perù (1994), Hong Kong (1999), Cuba (1998), Albania (2002) e Romania (2003). Ma sull’effettivo funzionamento di questi accordi qualcosa pare non funzionare: innanzitutto è necessario il consenso del condannato al trasferimento (e, com’è facile immaginare, non sono molti). Inoltre l’accordo è applicabile solo a quanti sono stati condannati in via definitiva (ma il 58% dei 24mila detenuti stranieri è in custodia cautelare, ndr). I numeri dei trasferimenti sono comunque molto bassi: 216 nel 2005, passati a 46 l’anno successivo, per poi risalire a 111 nel 2007. Lo scorso anno infine, sono stati trasferiti 87 detenuti stranieri.Il codice negato. Con l’entrata in vigore del Pacchetto sicurezza «alcune Agenzie delle entrate regionali – fanno sapere dal centro studi “Ristretti orizzonti” del carcere di Padova – hanno rifiutato di rilasciare il codice fiscale ai detenuti stranieri privi di permesso di soggiorno». Ma senza codice fiscale è impossibile avere un lavoro, sia dentro che fuori dal carcere, ma anche accedere all’istruzione superiore, a cure mediche non urgenti e alle misure alternative. Due segnalazioni sono già arrivate dalle carceri di Opera (Milano) e di Sollicciano (Firenze) ma il timore dei responsabili dell’osservatorio di Padova è che «con la riapertura degli uffici, dopo le ferie estive, possa scoppiare una baraonda».
    © Riproduzione riservata
    COMMENTA E CONDIVIDI

    ARGOMENTI: