martedì 10 agosto 2010
L’annuale Relazione al Parlamento sull’attuazione della 194 conferma la continua diminuzione in Italia degli interventi, anche se il fenomeno complessivo rimane di proporzioni drammatiche. Nel 2009 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 116.933 – più o meno una città come Bergamo – con una diminuzione del 3,6% rispetto al dato definitivo dell’anno precedente. Ancora in aumento il personale medico che sceglie l’obiezione.
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L'aborto nel 2009 registra un’ulteriore contrazione, ma il fenomeno resta di rilevanza tale per cui ogni ogni cinque bambini nati nel nostro Paese a uno viene impedito di vedere la luce. Il rapporto del Ministero della Salute presentato ieri al Parlamento riferisce che l’anno scorso, sulla base del dato provvisorio, le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 116.933 – più o meno una città come Bergamo –  con un calo del 3,6% rispetto al dato definitivo dell’anno precedente (121.301). Nel 1998 furono 138.357 e nel 1999 139.213. Il calo nello scorso anno è stato del 50,26% rispetto al 1982, quando si è registrato un picco di 234.801 casi.L’indicatore più accurato per valutare l’andamento del fenomeno delle interruzioni di gravidanza, comunque, è il tasso di abortività (il numero dei casi per mille donne in età feconda tra i 15 e i 49 anni). Questo indice è risultato nel 2009 pari a 8,3 per mille con una flessione del 3,9% rispetto all’8,7 del 2008, e del 51,7% rispetto al 1982 (17,2). Sono valori tra i più bassi rispetto agli altri Paesi industrializzati. Dal 1983 i tassi di abortività sono diminuiti in tutti i gruppi di età, con maggior rilievo in quelli centrali. Per quanto riguarda le minorenni il tasso di abortività nel 2008 è risultato pari a 4,8 per mille, invariato rispetto all’anno precedente, con valori più elevati nell’Italia settentrionale e centrale. Si conferma comunque che il ricorso all’aborto tra le giovani è minore in Italia rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell’Europa occidentale.Anche se i dati non sono strettamente comparabili, si registra che per donne con meno di vent’anni nel 2008 in Italia il tasso di abortività è pari al 7,2 per mille; nello stesso anno in Inghilterra e Galles è il 24 per mille e in Svezia il 24,4 per mille; in Spagna il 13,5; in Francia nel 2007 era il 15,6 negli Usa nel 2004 il 20,5. Meglio dell’Italia solo la Germania, che nel 2008 registrava un tasso del 5.La relazione al Parlamento nota «una specifica situazione italiana», sottolineando che non solo per «fattori di prevenzione», ma anche per «fattori culturali più ampi», il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e all’aborto in Italia «presenta sostanziali differenze da quelli di altri Paesi occidentali e in particolare europei nei quali l’aborto è stato legalizzato». Siamo, cioè, un Paese «a bassa natalità ma anche basso ricorso all’aborto – dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo – e insieme un Paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri Paesi (come Francia, Gran Bretagna e Svezia) hanno tassi di abortività più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa».Il rapporto di abortività, che calcola il numero delle interruzioni di gravidanza ogni mille bambini nati vivi, è risultato nel 2009 di 207,1 con un calo del 2.8% rispetto al 2008 (213) e un decremento del 45.5% rispetto al 1982 (380). Ma nella sostanza resta il dato allarmante per cui ogni cinque bambini nati, uno viene abortito.Dai dati del rapporto risulta evidentissimo l’effetto crescente degli aborti delle donne con cittadinanza straniera. Nel 2008 i loro aborti sono stati il 33% del totale, mentre nel 1998 erano il 10,1. Un effetto dominante perché rallenta l’andamento calante delle italiane. Se infatti si considerassero soltanto le nostre connazionali, nel 2008 le interruzioni di gravidanza risulterebbero 81.753 con una flessione del 5% sul 2007 e una discesa del 37,4% rispetto ai 130.546 del 1996.La contrazione del numero degli aborti è più sensibile, nel corso degli anni, tra le donne più istruite, tra le occupate e tra le coniugate. «Allo stesso tempo però – rimarca la relazione del Ministero della Salute – i dati mostrano che quasi la metà delle Ivg, sia fra le italiane (48.6%) che fra le donne straniere (46.7%), è di donne con occupazione lavorativa», e solo l’11,9, fra le italiane, e il 22, fra le straniere, riguarda donne disoccupate o in cerca di prima occupazione.Nel complesso, inoltre, la frequenza delle nubili e delle sposate è similare: tra le italiane prevale il primo status (49,7%) e tra le straniere il secondo (49,3%). La stima aggiornata degli aborti clandestini (la precedente valutazione risaliva al 2001) riferita al 2005 è di 15.000, di cui la maggior parte si è verificata nell’Italia meridionale. Per quanto riguarda la fase della gravidanza, nel 2008 dopo i 90 giorni si è verificato il 3% degli aborti (2.8% nel 2007). La percentuale tra le 13 e le 20 settimane è stata del 2,3% e dopo le 21 settimane dello 0,7%, invariata rispetto agli ultimi anni.Sembra in qualche modo screditata la tesi che a provocare l’aborto sia univocamente l’impossibilità di mantenere una famiglia numerosa. Infatti ben il 45,5% delle donne italiane che hanno abortito non avevano figli (il 34,4% delle straniere). Per quanto riguarda gli aborti precedenti, in questa condizione si sono trovate le donne italiane nel 21,6% dei casi, e le straniere nel 37,4.Sull’uso della Ru486 mancano rilevazioni sistematiche perché la pillola è autorizzata dal dicembre 2009 (nelle aree documentate risultano 857 casi nel 2009) per cui il Ministero ha provveduto ad adeguare la raccolta delle informazioni. L’obiezione di coscienza registra nel 2008 un ulteriore aumento attestandosi al 71,5% dei ginecologi, al 52,6 degli anestesisti, al 43,3 del personale medico. Il ricorso per la certificazione ai consultori familiari (sono complessivamente 2.168 pubblici e 114 privati ) resta basso (38.2%), specialmente al Sud e nelle Isole, anche se leggermente aumentato per effetto delle donne straniere. Vi ricorre il 31.3% delle italiane e il 52.4% delle straniere. ROCCELLA: «FAMIGLIA E VOLONTARIATO DA SOSTENERE»La relazione al Parlamento sulla 194 «conferma l’eccezionalità della situazione italiana rispetto ai Paesi occidentali, specie quelli con cui più frequentemente ci misuriamo, come ad esempio Francia, Gran Bretagna e Spagna». Lo afferma il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella commentando la Relazione al Parlamento. «L’interruzione volontaria di gravidanza – aggiunge – non è considerata un mezzo di controllo delle nascite, nonostante nel nostro Paese l’accesso alla contraccezione chimica sia tra i più bassi d’Europa». A spiegare il calo degli aborti – «costante dagli anni Ottanta» – sono motivazioni «soprattutto culturali», come «la tenuta delle reti di rapporti familiari» e «l’esistenza di un volontariato attivo nel sostegno alle maternità difficili». Per il sottosegretario «è importante non perdere questa particolare situazione italiana, con un’attenzione anche all’introduzione delle nuove procedure abortive, come quella farmacologica». Per questo il governo sta preparando un «Piano federale per la vita, uno strumento in più».
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