Sono 110 mila le tonnellate di
vestiti usati che vengono raccolte mediamente ogni anno e
alimentano un giro d'affari di circa 200 milioni di euro in
Italia. Ma come dimostrano le più recenti inchieste sulla Terra
dei Fuochi e su Mafia Capitale, sempre più frequentemente gli
abiti raccolti finiscono per alimentare traffici illeciti,
soprattutto a causa di una legislazione non particolarmente
chiara e puntuale. Il criterio della trasparenza, infatti, non è
un requisito richiesto nei bandi di gara per l'assegnazione del
servizi per la raccolta degli abiti usati: non viene richiesto
un certificato antimafia, né chiarimenti sull'utilizzo che di
quei vestiti verrà fatto. La conseguenza è che, accanto a quanti
operano praticando criteri di correttezza, trovano spazio anche
soggetti che alimentano la pratica del contrabbando, il
riciclaggio di denaro sporco e il traffico illecito di rifiuti.
Il punto è stato fatto da Humana People to People Italia
e Occhio del Riciclone Onlus che hanno presentato lo studio
"Indumenti usati: come rispettare il mandato del cittadino?".
"Riteniamo necessaria un'azione politica che incrementi il
livello di trasparenza dell'intera filiera", ha spiegato Raniero
Maggini, presidente del centro di ricerca Occhio del Riciclone.
"Dal nostro studio emerge l'esigenza che i Comuni, deputati ad
assegnare il servizio di raccolta, si dotino di strumenti atti a
garantire la necessaria trasparenza all'interno di tutta la
filiera, non limitandosi al solo servizio di raccolta".
Il presidente della Commissione Ambiente alla Camera Ermete
Realacci, ha detto di aver presentato una proposta di legge "per
fare sugli abiti la stessa operazione che è stata fatta sugli
alimenti: la proposta vuole estendere quella norma, consentendo
di mettere nel circuito della solidarietà quegli abiti che,
perchè fuori moda o fallati, non sono più commercializzabili".
Nella relazione 2013 sulle attività svolte dalla Direzione
nazionale Antimafia si legge che le indagini "hanno dimostrato
come buona parte delle donazioni di indumenti usati che i
cittadini fanno per solidarietà, finiscono per alimentare un
traffico illecito dal quale camorristi e solidali traggono
enormi profitti". Una piaga - spiega il rapporto presentato oggi
dalle associazioni - è la pratica massiccia del contrabbando;
esiste poi l'abitudine tra alcuni operatori del settore, non
solo di aggirare le norme di selezione e igienizzazione dei
rifiuti tessili, ma anche di dirottarne il percorso falsificando
formulari e bolle di trasporto.