martedì 19 maggio 2015
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​Sono 110 mila le tonnellate di vestiti usati che vengono raccolte mediamente ogni anno e alimentano un giro d'affari di circa 200 milioni di euro in Italia. Ma come dimostrano le più recenti inchieste sulla Terra dei Fuochi e su Mafia Capitale, sempre più frequentemente gli abiti raccolti finiscono per alimentare traffici illeciti, soprattutto a causa di una legislazione non particolarmente chiara e puntuale. Il criterio della trasparenza, infatti, non è un requisito richiesto nei bandi di gara per l'assegnazione del servizi per la raccolta degli abiti usati: non viene richiesto un certificato antimafia, né chiarimenti sull'utilizzo che di quei vestiti verrà fatto. La conseguenza è che, accanto a quanti operano praticando criteri di correttezza, trovano spazio anche soggetti che alimentano la pratica del contrabbando, il riciclaggio di denaro sporco e il traffico illecito di rifiuti. Il punto è stato fatto da Humana People to People Italia e Occhio del Riciclone Onlus che hanno presentato lo studio "Indumenti usati: come rispettare il mandato del cittadino?". "Riteniamo necessaria un'azione politica che incrementi il livello di trasparenza dell'intera filiera", ha spiegato Raniero Maggini, presidente del centro di ricerca Occhio del Riciclone. "Dal nostro studio emerge l'esigenza che i Comuni, deputati ad assegnare il servizio di raccolta, si dotino di strumenti atti a garantire la necessaria trasparenza all'interno di tutta la filiera, non limitandosi al solo servizio di raccolta".  Il presidente della Commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci, ha detto di aver presentato una proposta di legge "per fare sugli abiti la stessa operazione che è stata fatta sugli alimenti: la proposta vuole estendere quella norma, consentendo di mettere nel circuito della solidarietà quegli abiti che, perchè fuori moda o fallati, non sono più commercializzabili". Nella relazione 2013 sulle attività svolte dalla Direzione nazionale Antimafia si legge che le indagini "hanno dimostrato come buona parte delle donazioni di indumenti usati che i cittadini fanno per solidarietà, finiscono per alimentare un traffico illecito dal quale camorristi e solidali traggono enormi profitti". Una piaga - spiega il rapporto presentato oggi dalle associazioni - è la pratica massiccia del contrabbando; esiste poi l'abitudine tra alcuni operatori del settore, non solo di aggirare le norme di selezione e igienizzazione dei rifiuti tessili, ma anche di dirottarne il percorso falsificando formulari e bolle di trasporto.
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