Tagli, dissesto finanziario, niente scuola a settembre. Un fantasma, imposto dalle sforbiciate del rigore, che aleggia non solo sulla testa delle Province, ma anche degli istituti paritari. Insomma a rischio apertura ci sarebbero sia i 5mila istituti secondari superiori gestiti dalle amministrazioni provinciali, sia le strutture non statali, colpite da una scure pesante che ha dimezzato il loro budget. La doppia doccia fredda arriva a poche ore di distanza e alla vigilia della protesta dei Comuni, trovando l’appoggio anche di un ministro, Piero Giarda: la norma sui tagli agli enti territoriali «è contraria a tutto quello che ho sempre pensato in materia di finanza locale». Speriamo che «il Senato sia più saggio del governo» si augura ancora il responsabile dei Rapporti con il Parlamento.«La metà delle Province andrà in dissesto», tuona Giuseppe Castiglione. Ergo, salteranno molti servizi ai cittadini e «non siamo neanche nelle condizioni di poter assicurare l’apertura dell’anno scolastico», trae le conseguenze il presidente dell’Unione Province Italiane. Con la logica dei tagli lineari e frettolosi, 500 milioni di euro nel 2012 e un miliardo nel 2013 stabiliti dal decreto taglia sprechi, i soldi nelle casse provinciali non basterebbero a gestire gli edifici scolastici. L’Upi, così, punta il dito contro l’analisi operata dal commissario del governo per i tagli, Enrico Bondi. «Ha fatto un errore grossolano», dice Castiglione, perché ha considerato nei consumi intermedi, «alcuni servizi essenziali che le Province gestiscono per conto delle Regioni, che vanno dalla manutenzione degli edifici scolastici ai trasporti pubblici locali alla formazione professionale». Va bene dunque il dimagrimento, ma questo non può incidere sulle funzioni principali dell’ente, in sostanza. Dai 3,7 miliardi di trasferimenti considerati per il calcolo dei tagli, infatti, andrebbero sottratti 1,3 miliardi dei consumi intermedi. Le Province, perciò, sarebbero d’accordo a rinunciare solo ad un terzo dei fondi falciati: 176 milioni per il 2012 e 352 milioni per il 2013. Tra i responsabili delle Province sul piede di guerra, però, ce n’è uno, il presidente di quella di Perugia Vinicio Guasticchi, che protesta a modo suo: rinuncerà alle ferie «per verificare ad agosto la road map del percorso di riordino che si andrà a delineare in Umbria».A non sedersi sui banchi tra qualche settimana potrebbero non essere solo gli studenti delle scuole superiori, però. La tenuta del sistema scolastico italiano, difatti, è messa a dura prova anche dal giro di vite, circa 260 milioni secondo il decreto che da giovedì sarà votato a Palazzo Madama, che sono stati tolti alle scuole non statali. «È a rischio la riapertura delle scuole paritarie», rincara la dose il presidente dell’Agesc Roberto Gontero. Il taglio del 50% dei fondi, secondo l’Associazione Genitori Scuole Cattoliche, mette a repentaglio «il proseguimento delle attività della maggior parte delle strutture». A farne le spese sarebbero soprattutto famiglie e docenti e, aggiunge, «decine di migliaia di bambini delle scuole materne» che non potrebbero nemmeno frequentare scuole statali incapaci di «assorbire tale domanda».