venerdì 4 dicembre 2009
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Le chiamano «utenze deboli», e mai termine è parso meglio appropriato ad indicare una categoria di soggetti – uomini e donne, giovani e anziani – che più degli altri utenti della strada mettono a repentaglio la propria incolumità personale quando escono di casa per affrontare uno spostamento anche minimo. «Un problema estremamente serio», denuncia Umberto Guidoni, segretario generale della Fondazione Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) per la sicurezza stradale. «Un problema che denota il grado di inciviltà che riscontriamo sulle nostre vie di comunicazione. Il rispetto di chi sulla strada non è protetto da un abitacolo o sta attraversando sulle strisce pedonali dà il senso dell’educazione dei conducenti e del livello di cultura di un Paese». Il modo migliore di onorare la memoria dei caduti sull’asfalto – appena ricordati nella Giornata mondiale – non sarebbe stato quello di ridurre il tasso di mortalità ai livelli europei rispettando l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime entro il 2010? Invece no, si continua a morire, e si muore soprattutto in città.Non deve sorprendere che le aree urbane della penisola registrino un rischio-strada sensibilmente superiore ai livelli di Parigi, di Londra e di Madrid, per non parlare di Stoccolma, capitale di un Paese dove sulla sicurezza della circolazione molto si è investito. «Abbiamo le vie urbane più pericolose d’Europa», è stato messo in evidenza durante un recente convegno milanese organizzato dalla stessa Ania e dall’Ancma (Associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori) di Confindustria in occasione del Salone del ciclo e del motociclo giunto alla 67esima edizione.È infatti nelle aree urbane che nel corso del 2007 si è registrato il 76,6 per cento degli incidenti complessivi, vale a dire 176.897 sinistri con 2.269 morti e 238.712 feriti (nel 2008 fuori e dentro le città sono morte complessivamente 4.731 persone e oltre 310 mila hanno riportato lesioni di varie entità).Ma chi erano, chi sono queste vittime del traffico? Torniamo al dato generale del 2007: su 5.131 vite spezzate, 1.540 erano di motociclisti, 352 di ciclisti e ben 627 di pedoni. Insomma, oltre il 50 per cento dei morti di traffico era – ed è – costituito dalle cosiddette «utenze deboli». Volete andare in moto? Fatelo, lo fa anche chi scrive queste righe, ed è incontestabile l’affermazione del presidente dell’Ancma, Corrado Capelli, che sottolinea come le due ruote «siano una risorsa preziosa per il futuro della mobilità». Fatelo, ma sappiate che rischiate più di un automobilista, di un camionista, di uno spericolato conducente di furgone. Motociclisti e ciclomotoristi pagano il 30 per cento del gravosissimo tributo di vittime del traffico: quasi un morto su tre, insomma, viaggiava su una due ruote a motore, che sono più di 8 milioni.Facile puntare il dito contro il motociclista, accusarlo di imprudenza (non certo assente). Facile ma ingeneroso in quanto le statistiche parlano chiaro: la maggior parte dei motociclisti viene investita dagli altri conducenti. Il centauro è vittima, è «utenza debole» a tutti gli effetti. Ha ragione Capelli: «Occorre aumentare la sicurezza di chi va in moto anche rendendo più consapevoli gli altri utenti».«Debole» è certamente la platea di utenza costituita dai ciclisti, 352 morti e 14.535 feriti. Sono cifre da bollettino di guerra se si pensa che in Italia la media degli spostamenti in bici – complice la scarsità di piste ad hoc, ma anche una certa pigrizia – è di gran lunga inferiore alla media europea. In otto casi su dieci l’incidente è causato da un’autovettura.«Utenza debole», anzi debolissima è infine quella dei pedoni, per i quali la strada – urbana o extraurbana – è davvero territorio ad alto rischio: 627 morti e 20.525 feriti nel 2007, anno di riferimento. Ogni giorno ne vengono travolti una sessantina, e due perdono la vita. Nel 51 per cento dei casi i rilievi effettuati dagli organi di polizia non accertano responsabilità alcuna della vittima nella dinamica dell’incidente. I morti sono per il 60 per cento uomini, i feriti per il 64 per cento donne. Se sei pedone, e per di più sei anziano, attento a come ti muovi: gli over 65 sono coinvolti nel 55 per cento degli eventi mortali, mentre nella fascia d’età tra zero e 15 anni il dato del 2006 parlava di 40 morti e 2.424 feriti, cifre in crescita rispetto al 2005. La regione che guida la tragica classifica della mortalità pedonale è la Lombardia. Seguono Lazio, Piemonte, Emilia. Agli ultimi posti (cioè ai primi per sicurezza) la Sardegna, il Molise, la Basilicata. Qui il pedone è più rispettato. Ultimo dettaglio agghiacciante: un investimento mortale su tre avviene sulle strisce pedonali.
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