Un vigile del fuoco mostra i danni del recente terremoto a Ischia
A 15 anni dal dramma di San Giuliano, a ogni nuovo terremoto le scuole continuano a crollare o a restare seriamente danneggiate. Solo la metà è risultata agibile, mentre tra il 10 e 15% inagibile, cioè da abbattere, il resto con più o meno gravi cedimenti. E questo malgrado siano stati spesi tanti (ma non abbastanza) miliardi di euro, circa 300 milioni all’anno. Ma spesi male. Negli ultimi tre anni i fondi stanziati sono triplicati. Non bastano ma questa volta, finalmente, si controlla come vengono spesi. Però, nel frattempo, le scuole continuano a crollare. Vecchie e fatte male.
L’ultimo caso clamoroso per il sisma a Ischia del 21 agosto. Con appena 4.0 di magnitudo, su 27 scuole 10 sono risultate inagibili, 7 parzialmente o temporaneamente inagibili e solo 10 agibili. Ma è andato non molto meglio nei tre terremoti maggiori di questi anni. A L’Aquila su 415 edifici scolastici solo il 49% è risultato agibile, mentre il 15% inagibile, e il resto temporaneamente o parzialmente inagibile. Simili gli effetti in Emilia Romagna nel 2012, quando le scosse hanno danneggiato più o meno gravemente oltre 500 scuole su 1.041. Solo 471 sono risultate agibili, mentre 301 temporaneamente inagibili ma agibili con azioni di pronto intervento; 63 parzialmente inagibili; 19 temporaneamente inagibili; 160 inagibili; 27 inagibili per rischio esterno. Numeri un po’ meno gravi per il sisma dell’Italia centrale del 2016. Verificati 2.642 edifici scolastici: 1.733 agibili (66%), 709 parzialmente o temporaneamente inagibili (27%), 166 inagibili (6%), 28 inagibili per rischio esterno (1%). Dati favoriti dal fatto che molte scuole in Umbria e Marche erano stato messe in sicurezza dopo il terremoto del 1997.
«Non c’è un rischio accettabile. Le scuole non devono crollare – commenta Laura Galimberti, coordinatore della Struttura di missione per gli interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica della Presidenza del Consiglio –. Ci vorranno almeno altri dodici anni per metterle tutte in sicurezza affinando quello che si è fatto negli ultimi tre anni: aumentare i fondi, andare a cercare quelli non spesi e soprattutto fare dei sistemi di monitoraggio seri perché nel passato nessuno ha veramente controllato come si spendessero quei fondi. Così si sono danneggiate anche scuole dove erano stati appena finiti i lavori». Ora, assicura, «c’è stato un cambio di passo. Sappiamo dove e per cosa vanno i soldi e possiamo aggiustare il tiro. A novembre nelle nuove linee guida scriveremo, e sarà un obbligo a livello nazionale, che il primo punto della sicurezza deve essere quella antisismica. Se non si fa questo non si può fare altro, non lo finanziamo. Abbiamo dato un ordine agli interventi. Lo abbiamo imparato a nostra spese. In questi tre anni di monitoraggio ci siamo resi conto che gli enti hanno messo tante cose sicuramente utili ma non come priorità».
Il controllo è fondamentale. Negli ultimi tre anni sono stati stanziati per l’edilizia scolastica 9,5 miliardi, 5 dei quali sono già andati agli enti, con i decreti attuativi. Non basteranno ma mentre la media media annuale dei 12 anni precedenti è stata di 300 milioni all’anno ora è di 1 miliardo. Un lavoro certo non facile. Solo il 39% degli edifici scolastici è stato costruito dopo il 1976 (al 1974 risalgono le prime norme sull’antisismica). «Il resto è in gran parte un patrimonio scolastico anni ’6070 che deve essere sostituito – sottolinea Galimberti –. Metterlo in sicurezza costerebbe troppo. Vanno demolite e ricostruite. E anche delocalizzarle in zone più sicure da rischi esterni». Ricordiamo che dei 42mila edifici scolastici circa il 50% si trova nelle zone a rischio sismico altissimo (9%) e alto (40%): in testa Sicilia, Campania, Calabria, Lazio e Marche, che sono anche le regioni che hanno ottenuto più finanziamenti. Ma è fondamentale conoscere lo stato delle scuole. Invece, denuncia Galimberti «l’anagrafe dell’edilizia scolastica funziona ancora male. E la responsabilità è di regioni e enti locali. Ci dovrebbe essere un obbligo di legge: non solo non ti finanzio quella scuola se non hai compilato l’anagrafe, ma non ti finanzio più nessuna scuola». E poi, aggiunge, «se crollano le responsabilità sono ben descritte nelle leggi: c’è il sindaco, il direttore dei lavori, c’è l’impresa. Ognuno deve fare il suo lavoro. Non è 'piove governo ladro'. E proprio la vicenda di San Giuliano lo ha confermato».