giovedì 22 agosto 2024
Ogni anno la coppia lombarda partecipa all’appuntamento in Riviera: «Incontro di persone, non solo politica»
Guido e Renata al Meeting

Guido e Renata al Meeting - Fotogramma

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Quelli che… il Meeting dalla prima ora. «In realtà lo frequentiamo dal 1982: l’anno precedente ci stavamo sposando» quasi si scusa il 67enne Guido Lorigliola. Lui e la moglie Renata Vantadori, 66 anni, da allora non hanno più perso un’edizione, scendendo a Rimini da Opera, in provincia di Milano, rigorosamente in auto dopo aver preso le ferie apposta per trascorrere l’intera settimana alla Fiera di Rimini tra mostre, incontri e scoperte. Bancario in pensione lui, titolare della pasticceria “Enea” lei, un figlio che ha sempre operato nel preMeeting, Guido e Renata hanno collaborato al sussidiario.net e per la distribuzione di buoni pasto e magliette ai volontari. «Non possiamo definirci volontari, viviamo il Meeting».

Da Milano alla Riviera. Come avete scoperto il Meeting? «Grazie all’invito di alcuni amici del movimento di Comunione e Liberazione. Abbiamo immediatamente percepito che questa manifestazione era veramente un meeting, cioè un incontro. E non solo con i personaggi e i politici da copertina». Sembra polemico, Guido. Cosa intende dire? «Le faccio un esempio. Ieri abbiamo incontrato Franco e i suoi amici di Gallarate, persone che non vedevamo da circa 20 anni, perché le nostre strade si sono separate. Ritrovarsi è stato bellissimo. Sorprese di questo genere al Meeting sono all’ordine del giorno. E pensare che all’esordio sembrava una contraddizione». Una frase del genere va perlomeno spiegata. «Organizzare una grande manifestazione a Rimini, una capitale del turismo, in agosto, quando le persone solitamente vanno in vacanza, poteva sembrare un azzardo, se non una vera e propria follia. Invece si è rivelata una scelta azzeccatissima. Oggi il Meeting è un evento di portata internazionale, migliaia e migliaia di persone scelgono Rimini non per andare al mare, o godersi le bellezze dell’entroterra, ma per vivere sei giorni di spettacoli, mostre, incontri tra politica, sport, cultura ed economia».

Dietro ai suoi occhiali rossi la signora Renata segue il marito tra i padiglioni della Fiera a passo di carica. Ci sono stati personaggi che l’hanno segnata in questi 45 anni? «A livello educativo e culturale, ma anche economico, sono state tante le persone che ci hanno insegnato in queste stagioni riminesi. Ma se devo fare dei nomi precisi, allora dico: Giovanni Paolo II, il cardinal Ratzinger, madre Teresa di Calcutta, don Giussani e il presidente Mattarella». Ha visto crescere la kermesse proprio come un figlio. Oggi la trova cambiata? «È inevitabile che il Meeting sia diverso, lo è la società stessa, ciascuno di noi... Ma ha saputo resistere alle temperie perché non è una manifestazione artefatta ma una proposta di dialogo e incontro circa le questioni importanti della vita. Come diceva don Giussani, vuole tornare all’origine, cioè andare alla radice della questione, come indica il titolo di questa edizione».

Il dialogo prosegue ma il signor Guido scuote la testa. C’è qualcosa che non lo convince. «Ogni anno seguo con attenzione la rassegna stampa quotidiana sul Meeting. Non racconta quello che si vive in Fiera. La politica è presente al Meeting ed è ben visibile ma non è l’aspetto preponderante dell’evento». E se doveste raccontarlo voi, Guido e Renata? «In agenda ci sono tre visite guidate ad altrettante mostre: “Franz e Franziska. Non c’è amore più grande”, “Borghi Futuri. Volti e storie di una piccola Italia capace di reiventarsi” e “Per chi esistono le stelle. Il cammino di Progetto Arca a fianco dei poveri”. Conosciamo diverse persone della Fondazione, siamo curiosi di vedere com’è stata raccontata. Poi andremo a pranzo e a cena con gli amici, per provare le immancabili tagliatelle al ragù e la piadina.

Invece attendiamo con ansia l’arrivo di don Luciano, il nostro parroco: sarà a Rimini da oggi, con altri amici. È la prima volta per lui al Meeting. In questi anni ci ha sempre domandato: ma cos’è il Meeting? La nostra risposta è stata sempre la stessa: il Meeting va vissuto, non può essere (solo) raccontato. Vieni e vedi, non dice così anche il Vangelo?».


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