sabato 6 gennaio 2018
«Le donne non fanno figli perché non lavorano Serve un piano straordinario per l’occupazione femminile»
«Le nascite crollano si rischia il declino. La politica si scuota»
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Quattrocentosettantaquattromila. Spero che questo numero venga citato spesso in campagna elettorale. È il nuovo record negativo delle nascite stabilito in Italia nel 2016. Centomila in meno rispetto al 2008. Nel giro di pochi anni un crollo quasi verticale. Vorrei che questo dato fosse al centro delle nostre discussioni perché ci parla con ruvida chiarezza del rischio di declino del Paese. Ma se vogliamo evitare questo destino dobbiamo saper guardare dentro i numeri con lucidità. Perché le giovani coppie non fanno figli? Forse perché non vogliono, perché ritengono che la famiglia sia passata di moda? Niente affatto. Le ricerche dimostrano che tra le ragazze e i ragazzi il desiderio di essere genitori esiste ed è diffuso.

Ma come puoi costruirti una coppia, avere una casa, crescere dei figli se la tua vita è segnata dalla precarietà? Come puoi prendere un impegno così serio, il più serio di tutti - quello di essere genitori se il tuo destino è appeso ad un sms che ti dirà se domani, dopodomani, tra una settimana, lavorerai oppure no? Li chiamano jobs on call , fast jobs, ma l’inglese non serve a nascondere la brutale realtà: sono lavoretti sui quali non può basarsi alcun serio progetto di vita.

A questa condizione di precarietà che investe i giovani si aggiunge un altro dato non meno preoccupan- te: quello dell’occupazione femminile. In Italia soltanto il 49 per cento delle donne ha un lavoro. Una percentuale inferiore di oltre 13 punti rispetto alla media europea. Nella graduatoria dei paesi europei siamo al penultimo posto, seguiti solo dalla Grecia. È un dato strettamente connesso a quello sulla natalità, ma bisogna stare attenti a stabilire le giuste relazioni causa-effetto. Chi pensa che le donne non facciano figli perché sono impegnate professionalmente è proprio fuori strada. È vero il contrario: non fanno figli perché non lavorano.

E le conseguenze le paga l’intera società, con punti di Pil in meno e ripercussioni negative sul sistema pensionistico e sul welfare. Dunque è il lavoro il nodo che va sciolto se al problema della natalità vogliamo dare una risposta credibile. Serve un piano straordinario per l’occupazione femminile, che consenta di guardare con fiducia al futuro. E insieme c’è bisogno di investire sul welfare, sollevando le donne dai troppi impegni di cura e di gestione della famiglia che ancora oggi nel nostro Paese - a differenza di altri - gravano quasi esclusivamente sulle loro spalle. Qui sta lo spazio della politica, se vuole esercitare il suo ruolo. Fare proposte serie, concrete, finanziate. Evitando alle famiglie la retorica con cui troppo spesso sono state prese in giro.

LA PRESIDENTE Laura Boldrini, ex portavoce per l’area Sud Europa dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur), è entrata in Parlamento con Sel nel 2013. A inizio legislatura, il centrosinistra la propone e la vota come presidente della Camera. Il 4 marzo correrà con Leu, lista guidata dal presidente uscente del Senato Pietro Grasso.

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